Amnistia, immigrati e tasse sul governo i diktat del Pdl

by Sergio Segio | 10 Ottobre 2013 5:33

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ROMA — È la guerra fredda della sgangherata maggioranza. Ad ogni azione Pd, corrisponde una reazione Pdl. A ogni ultimatum berlusconiano, un’estenuante mediazione di palazzo Chigi. Imu, amnistia o immigrazione, ogni occasione è buona per strattonare l’alleato pro tempore e togliere il sonno a Enrico Letta. Con i falchi berlusconiani arruolati a tempo pieno per sabotare le fragili larghe intese e costringere il Presidente del Consiglio all’affannosa ricerca di una mediazione.
L’immigrazione, per dire. Da Lampedusa, Letta si appella alla cautela di fronte all’ipotesi di rivedere la Bossi-Fini. «Nel governo ci sarà un confronto tra forze politiche che hanno avuto in passato posizioni diverse su questi temi». Eppure, poche ore dopo, la sorpresa: al Senato passa l’emendamento dei grillini che elimina il reato di clandestinità. Votano a favore Pd, M5S e Scelta civica. Il Pdl si incarta. E la maggioranza si spacca.
Le pubbliche dichiarazioni sono cartina di tornasole di un conflitto mai veramente cessato. Esulta il deputato dem Emanuele Fiano: «È un’ottima notizia ». Ma la verità è che manca uno straccio di intesa sul dossier immigrazione. Lo dimostrano le parole di Vannino Chiti, che giudica il reato di immigrazione
clandestina «una mostruosità inaccettabile». Maurizio Gasparri, invece, fissa subito i pa-letti: «Usare l’immensa tragedia di Lampedusa per interventi demagogici e affrettati sulla legge italiana è un errore madornale».
Il duello sulla Bossi-Fini è solo la punta di un iceberg. Sul terreno fiscale, ad esempio, la contesa dura dal primo giorno di legislatura. Da allora, l’agguerrita pattuglia berlusconiana dissemina lungo il cammino continue insidie e secchi avvertimenti all’alleato. Trasformando l’Imu nella madre di tutte le battaglie.
Angelino Alfano, colomba tra le colombe Pdl che volano a Palazzo Chigi, è tornato a minacciare l’esecutivo: «Noi siamo quelli che hanno impedito l’aumento dell’Imu e su questa strada non ci sarà un ritorno indietro ». Parole chiare, rafforzate da un falco antigovernativo come Daniele Capezzone: «Si tratta di un impegno che governo e maggioranza avevano preso davanti agli italiani. Ma ora la battaglia deve proseguire e rafforzarsi». È la campagna elettorale permanente pianificata dal Cavaliere.
Fra i democratici, però, si respira un’aria assai diversa. L’allarme l’ha lanciato Stefano Fassina: «Nelle attuali condizioni di finanza pubblica, l’abolizione della seconda rata dell’Imu vuol dire aumentare altre imposte». Il Presidente della regione Toscana Enrico Rossi si è spinto ancora più avanti: «Il Pd ha commesso un errore a cedere sull’Imu. Se la proposta era mal formulata nel calcolo, allora doveva essere rivista e migliorata».
Non c’è pace, nei dintorni di palazzo Chigi. E il braccio di ferro polemico che sfianca la maggioranza si consuma anche su una materia strettamente parlamentare come l’amnistia. Non che il provvedimento sia sgradito al Partito democratico. Ma il confine deve essere netto, invalicabile: Silvio Berlusconi non benefici dell’atto di clemenza. Basta ascoltare Guglielmo Epifani: «La vicenda dell’ex premier non c’entra per adesso e non c’entrerà in futuro. Amnistia e indulto sono temi che vanno affrontati con grande cautela ed escludendo i reati che in passato sono già stati esclusi». Tira il freno a mano, il segretario dem. E infatti chiede di pensare prima alla ex Cirielli, alla legge Giovanardi e alla Bossi-Fini.
Eppure, il Pdl insiste. Gasparri non si nasconde: «L’amnistia dovrebbe valere anche per Berlusconi ». E Alfano ci mette la faccia: «Invito il Pd a non trasformare tutto in un referendum su Berlusconi. Spero che il Pd non traduca le parole di Napolitano in norme contro una persona». Renato Brunetta, poi, provoca apertamente Epifani: «Quando lui era socialista, il Pci godette del regalo dell’amnistia del 1990. Essa cancellò il reato dell’oro di Mosca. L’amnistia fu fatta senza mai nominare, neanche per sbaglio, i benefici che ne sarebbero derivati ai compagni». Non c’è pace, nella strana maggioranza.

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