by Sergio Segio | 8 Ottobre 2013 7:25
MILANO — Nulla di fatto durante l’incontro di ieri sera a Palazzo Chigi per salvare Alitalia. Il governo continua a cercare un socio pubblico, per dare ossigeno alla compagnia aerea, che aveva in cassa appena 128 milioni di liquidità alla fine del primo semestre, chiuso con 946 milioni di debiti e 294 milioni di perdite. E, in assenza di buone notizie, avrà carburante disponibile solo «fino al 12 ottobre», ha minacciato il numero uno dell’Eni, Paolo Scaroni. «Speriamo che la situazione si risolva, ma non possiamo rinnovare il fido a una società che non ci dà sicurezza. Abbiamo già un’esposizione importante (circa 35 milioni, ndr ). Ma se la società non riscuote nemmeno la fiducia dei suoi azionisti, non possiamo tenerla in vita noi con il carburante», ha dichiarato ieri da New York.
L’ultimatum di Scaroni lascia 5 giorni di tempo per una soluzione. Perciò le trattative e i colloqui per il salvataggio proseguiranno anche oggi, mentre nel pomeriggio, alle 16, è confermata una nuova riunione del consiglio di amministrazione di Alitalia, per «tenere costantemente informati i consiglieri».
«La situazione è molto tesa e grave», hanno spiegato alcune fonti alla fine della riunione durata oltre 3 ore, un’ora in più del previsto, tanto che il ritardo ha fatto slittare alle 19.30 l’incontro tra governo e i sindacati sulla legge di Stabilità.
A Palazzo Chigi oltre al premier Enrico Letta erano presenti il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni, il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, quello dei Trasporti Maurizio Lupi, l’amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio, il presidente Roberto Colaninno, il numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni, il direttore generale di Intesa Sanpaolo Gaetano Micciché, e l’amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci, azionista di controllo di Aeroporti di Roma (AdR).
Sembra tramontata l’ipotesi dell’ingresso delle Ferrovie dello Stato, che avrebbero rilevato una quota del 10% della compagnia, investendo un centinaio di milioni. L’amministratore delegato delle Fs, Mauro Moretti, si è recato a Palazzo Chigi in primo pomeriggio, ma non ha partecipato alla riunione successiva tra ministri, i vertici di Alitalia e i banchieri.
«Il governo non ha mai proposto l’ingresso di Fs in Alitalia», ha precisato Lupi, l’unico dei partecipanti a rilasciare dichiarazioni al termine dell’incontro. «Abbiamo fatto un buon lavoro, ci siamo riconvocati e tireremo le somme e per dare una prospettiva positiva a ciò che riteniamo essere fondamentale per un Paese come il nostro, che è un grande Paese industriale e che ha bisogno della sua compagnia di bandiera», ha aggiunto.
Anche da parte aziendale in serata traspariva un certo ottimismo, nella convinzione che tutti stanno continuando a lavorare per trovare una soluzione, perché è nell’interesse di tutti. Il governo non può permettersi il fallimento della compagnia, lasciando a terra il Paese e a casa 12 mila dipendenti, oltre alle ripercussioni che la bancarotta avrebbe per migliaia di lavoratori nell’indotto. Anche le banche, guidate da Intesa (tra i principali azionisti con l’8,85%) e Unicredit, sembrano pronte a fare la loro parte, ma non da sole. Serve una manovra complessiva, che passa inevitabilmente da un aumento di capitale, come è stato deciso dall’ultimo consiglio di amministrazione, con il voto contrario di Air France-Klm, primo azionista con il 25%, e che dovrà essere approvato dall’assemblea straordinaria degli azionisti convocata per il 14 ottobre.
In questo clima il partner industriale diventa quasi un problema secondario: prima bisogna mettere in sicurezza la compagnia, poi si negozierà un’alleanza. Alitalia non può rimanere sola, ha detto il premier Enrico Letta domenica. E ieri il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha ripetuto lo stesso concetto.
L’integrazione con Air France-Klm resta l’unica soluzione, o la più realistica, secondo alcuni. Ma per ora la società franco-olandese si tiene fuori. Il numero uno Alexander de Juniac ieri ha annunciato che il gruppo chiuderà il 2013 in utile, dopo due anni di forti perdite, mentre Air France tornerà a fare profitti nel 2014, ma la compagnia è «sulla strada giusta», grazie al nuovo piano di ristrutturazione che prevede 2.800 esuberi (dopo i 5.220 tagli già realizzati in passato). Ma nella lunga intervista alla radio francese non c’è stato alcun accenno ad Alitalia. E l’ingresso nel capitale della compagnia di Abu Dhabi Etihad, che non nasconde interesse per il ricco mercato italiano? «Tutte le ipotesi sono possibili», lasciano intendere i vertici della compagnia. Ma più avanti.
Giuliana Ferraino
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