5 Stelle sul tetto della Camera Boldrini chiede 3.795 euro

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ROMA — È quella che si definisce una punizione rapida ed esemplare. Neppure due settimane dopo la protesta sul tetto di Montecitorio il capogruppo grillino alla Camera, Riccardo Nuti, si è visto recapitare una lettera firmata dal collegio dei questori al gran completo, con una richiesta senza precedenti nella memoria repubblicana. Soldi: 3.795 euro e 52 centesimi, per l’esattezza. A tanto ammonterebbero, c’è scritto, «gli oneri finanziari aggiuntivi sostenuti dalla Camera in conseguenza dell’occupazione del terrazzo di palazzo Montecitorio da parte di deputati appartenenti al gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle e dell’esposizione di striscioni da finestre di uffici, siti nei palazzi Marini, assegnati a deputati del medesimo gruppo». Per pagare, si precisa, rivolgersi al servizio Tesoreria.
La decisione di chiedere i danni è stata presa, specificano i tre firmatari Stefano Dambruoso, Paolo Fontanelli e Gregorio Fontana, in occasione di una riunione dell’ufficio di presidenza durante la quale si è stabilito di incaricare gli stessi questori di «predisporre una disciplina in tema di procedure volte al recupero degli oneri aggiuntivi che si determinano in conseguenza di comportamenti di deputati non conformi al Regolamento». Traduzione: chi fa una marachella si vedrà recapitare il conto. Evviva.
Peccato soltanto che quel conto i 12 temerari grillini che per protesta hanno trascorso la notte fra il 6 e il 7 settembre sul terrazzo l’abbiano già pagato. E quasi doppio rispetto alla richiesta arrivata per iscritto il 20 settembre. Ciascuno di loro si è beccato infatti una sanzione di cinque giorni di sospensione, che significa per le casse di Montecitorio un risparmio di sessanta giornate di diaria. Settemila euro più spiccioli.
Facile immaginare quanto sia stata calorosa da parte del M5S l’accoglienza della missiva di cui sopra. Tanto più perché alla velocità con cui gli uffici di Montecitorio hanno provveduto a sanzionare la ragazzata non ha corrisposto a quanto pare analoga solerzia nell’evadere un’altra pratica ben più voluminosa considerando la dimensione finanziaria del suo contenuto. Dice Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e come tale componente dell’ufficio di presidenza: «Le sembrerà strano, ma sono più di venti giorni che chiediamo inutilmente all’amministrazione della Camera di vedere i contratti stipulati con la società Milano 90. Le nostre domande cadono regolarmente nel vuoto». Milano 90, ditta che fa capo all’immobiliarista Sergio Scarpellini, da una quindicina d’anni affitta alla Camera gli uffici dei deputati e fornisce anche una serie di servizi. È stato calcolato che in tutto questo tempo abbia incassato una somma non inferiore ai 600 milioni di euro. Va detto che la questione era stata già sollevata in Parlamento dai radicali nella scorsa legislatura. Quando infine, sotto la spinta delle proteste dell’opinione pubblica per i costi eccessivi della politica, la Camera era giunta alla conclusione di rinunciare a uno dei contratti stipulati con quella società.
La lettera ufficiale del M5S, datata 12 settembre, è stata già seguita da un sollecito. Finora senza risposta. Fatto che induce Di Maio a dichiararsi «sconcertato: un’istituzione che dovrebbe fare della trasparenza un punto di forza brilla per opacità e reticenza». Un altro capitolo della polemica fra i grillini e Laura Boldrini, in atto ormai da mesi, e che tocca il suo apice nelle divergenze a proposito della guida dell’amministrazione. Mentre il M5S invoca una radicale discontinuità nella gestione, non è un mistero che il segretario generale Ugo Zampetti, in carica da 14 anni, sia in procinto di ottenere il rinnovo del mandato.
Sergio Rizzo


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