Decadenza, altro rinvio Ora lo scontro è sulla data del voto

by Sergio Segio | 30 Ottobre 2013 6:59

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ROMA — Si avvicina il giorno della verità sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore. Ieri si è andati avanti fino a sera tra le proteste del Pdl che, con Renato Schifani, ha parlato di «pagina buia per la democrazia» denunciando un’accelerazione nei lavori della Giunta del regolamento chiamata ad esprimersi preventivamente sulla modalità di voto in aula. E la relazione del pd Francesco Russo è riuscita a far convergere sulle ragioni del voto palese la senatrice di Scelta Civica, Linda Lanzillotta. Citando un precedente storico, quello reso dalla Giunta il 6 maggio del ‘93, sull’autorizzazione a procedere di Giulio Andreotti, ritenuta «non incidente sulla persona» e dunque passata a voto palese. E il parere chiave fornito dalla Camera che nel 2007 si espresse riguardo alle modalità di voto sulla decadenza e stabilì che, come l’incandidabilità, non costituiva votazione «riguardante persone» e quindi doveva essere fatta a voto palese. Per «conformità», ha sostenuto Russo, il Senato dovrebbe fare altrettanto. «Abbiamo dimostrato, precedenti alla mano, che a Palazzo Madama il voto sulle persone è sempre stato a voto segreto. Se si decidesse in modo contrario, sarebbe un atto persecutorio e contra personam» aveva sostenuto invece Anna Maria Bernini, relatrice Pdl. Una tesi, quella che non si cambiano le regole in corso d’opera, che convince il senatore svp Karl Zeller.
Così la battaglia in Giunta si è spostata dalle modalità alla data del voto. Il M5S, il Pd e Sel, chiedevano di andare avanti e decidere in serata. Ma vista l’interruzione dovuta al voto in aula per il decreto sulla pubblica amministrazione, si è giunti al termine delle relazioni troppo tardi e si è proposto di aggiornarsi per la discussione e il voto. A quel punto lo scontro. Alla proposta del pdl Francesco Nitto Palma di rinviare tutto al 4 novembre, il pd Luigi Zanda ha controproposto di andare avanti ad oltranza. Si è giunti al compromesso di rivedersi stamattina alle 9. Con l’auspicio di M5S, Pd e Sel di chiudere in giornata.
Ma la partita si chiuderà veramente solo dopo il voto in aula. Ed essendo stata respinta ieri la mozione del Movimento 5 Stelle di fissare il 5 novembre come data per concludere l’iter della decadenza, che la legge Severino stabilisce «immediata», i tempi si potrebbero allungare per un ulteriore passaggio procedurale. Anche se la Giunta, come pare, si esprimesse per il voto palese, venti senatori pdl potranno, ed è certo che lo faranno, chiedere ugualmente il voto segreto, presentando un ordine del giorno in «difformità» con quanto deciso dalla Giunta. A quel punto spetterà al presidente del Senato, Piero Grasso, accogliere o respingere la richiesta, magari attraverso un rapido ritorno in Giunta per un parere. Il presidente non ha fatto mistero della sua preferenza per un voto trasparente. E se i senatori rispetteranno le indicazioni dei partiti (Pd, Sel, Scelta Civica, M5S, Svp favorevoli alla decadenza; Pdl, Lega, Gal contrari) Berlusconi potrebbe lasciare a breve il suo scranno al Senato. Giusto il tempo di convocare una capigruppo per fissare la data del voto e, qualora non vi fosse unanimità, far decidere il calendario all’aula.
Alle lamentele dell’ex premier («vogliono la mia testa») ieri ha risposto Beppe Grillo, in tribuna a Palazzo Madama: «Nessuno di noi vuole la testa di nessuno ma qui si gioca la testa del Paese». «Loro rubano tempo decidendo che il voto sulla decadenza di Berlusconi va dopo il 20 novembre», evidenzia Grillo ribadendo che «il voto segreto è una vergogna. Noi facciamo quello che diciamo, basta con questa pantomima». Alla possibile crisi di governo paventata in caso di decadenza da Berlusconi, ha replicato, compatto, il Pd. «In questo momento, nel nostro Paese, bisogna seguire tutti le regole. Ciò significa seguire le leggi dello Stato, i regolamenti parlamentari e anche avere rispetto delle sentenze della magistratura e accettarle», ha sottolineato Luigi Zanda. E Matteo Renzi ha aggiunto: «Berlusconi non ha i numeri per mandare a casa il governo. Ha già dovuto fare retromarcia il 2 ottobre. Quindi, basta parlare di lui». «Preferirei il voto palese – ha fatto poi notare il sindaco candidato alla segreteria del Pd – anche perché mi dispiacerebbe che ci fosse qualche giochino stravagante alle spalle, che qualcuno dei 5 Stelle pur di creare un elemento di rottura, voti il contrario di quel che dice».
Schierato a difesa del Cavaliere l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, ribadisce: «Incandidabilità e decadenza sono due sanzioni amministrative, e non possono essere retroattive. Noi chiediamo che Consulta si esprima sulla retroattività della legge Severino». Ad ogni modo «decideremo con Berlusconi, tutti insieme». E da «Ballarò », Gaetano Quagliariello avverte: «Il Pd sta sbagliando tutto sulla legge Severino». Mette in guardia l’ala governativa del partito: «In caso di nuove elezioni Renzi vincerebbe facile».
Virginia Piccolillo

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