«Mafia e agricoltura? Business da 14 miliardi»
«Possiamo affermare che persino la scienza lavora per le agromafie» arriva a dire il pm di Napoli Donato Ceglie, le cui inchieste hanno più volte fronteggiato il fenomeno.
Già, le agromafie: la convention della Coldiretti chiusasi ieri a Cernobbio si è concentrata sull’analisi del fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nella filiera del cibo made in Italy. Spicca il dato assoluto, vale a dire un incremento del fatturato arrivato a toccare i 14 miliardi con una crescita rispetto all’anno passato del 12%. Ma la cifra in sé può apparire astratta e povera di raffronti e allora ecco che l’analisi di Coldiretti, realizzata in collaborazione con Eurispes, fotografa con esempi concreti l’invadenza dell’illegalità nell’agroalimentare italiano.
Ogni spiraglio è buono per accumulare profitto grazie ai campi, così è stato calcolato ad esempio che ormai 725 mila ettari di terreni coltivabili sono stati usati per sotterrare rifiuti tossici, una superficie di poco inferiore al Friuli Venezia Giulia. Altro esempio: su 10.563 beni confiscati alla mafia, un quarto sono immobili a uso agricolo o terreni. Le mani delle cosche si allungano su tutta la catena produttiva e distributiva fino a toccare l’apice terminale. Il rapporto Coldiretti – Eurispes calcola infatti, in base a dati forniti dalla direzione nazionale antimafia, che circa 5 mila aziende della ristorazione siano controllate dalla malavita.
La galleria degli orrori è infinita e non riguarda solo le contraffazioni più sfacciate (messe in mostra anche ieri in una saletta di Villa d’Este a Cernobbio) come il «salami rigorosamente» italiano prodotto in Canada o il vino in cartone battezzato «Barollo», ma del tutto privo di quarti di nobiltà enologica. Anche sul mercato italiano del cibo il falso imperversa, tanto che i sequestri in un anno sono cresciuti del 170%: si va dal biologico che biologico non lo è affatto al non rispetto dei capitolati produttivi. «Si va diffondendo l’utilizzo di ingredienti low cost che spesso nascondono frodi e adulterazioni» sottolinea Coldiretti. Tutto questo per tacere di consuete e ormai ben conosciute illegalità nel mondo dell’agricoltura come il caporalato, il racket del trasporto o della manovalanza dei mercati. Al tirar delle somme, e sempre per richiamare esempi che abbiano a che vedere con la nostra vita quotidiana di consumatori, un italiano su 5 è ormai vittima delle agromafie. «Tutto questo provoca un grave danno agli agricoltori onesti — ha detto a Cernobbio la ministra Nunzia De Girolamo —. Abbiamo due linee da seguire in merito: ricontattare le autorità locali perché i fenomeni vengano repressi con decisione ma anche lavorare sull’internazionalizzazione dei prodotti, perché dove l’offerta è buona quella cattiva viene meno».
Claudio Del Frate
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