by Sergio Segio | 18 Ottobre 2013 9:20
BERLINO — È fatta, o quasi. Ancora una volta, Angela Merkel si trova un’autostrada davanti, la prospettiva d’un terzo mandato da cancelliera a piena legislatura, che in un’Unione europea più instabile che mai la farà entrare nella storia tra i grandi cancellieri, a pari merito con Kohl e Adenauer. Il vertice di ieri tra la Cdu-Csu (il partito di maggioranza relativa, quel centrodestra che “Angie” ha spostato su posizioni sociali, femministe e di diritti umani da centrosinistra) e la Spd, il più antico partito di sinistra europeo, è cominciato in un modo per finire in un altro. Da “incontro di sondaggio” è divenuto summit dell’accordo iniziale per una “Grosse Koalition”, una larga intesa per governare la Germania e di fatto l’Europa nei prossimi quattro anni. Esempio e segnale incoraggiante, per la Ue politica come per i mercati. Da ieri sera Letta a Roma e Hollande a Parigi, Cameron a Londra e Mario Draghi alla Bce, come Obama a Washington e Xi Jinping nella Città proibita, e tutti gli altri Grandi del mondo dal Brasile all’India, sanno con chi negozieranno a Berlino: continuità d’un volto, la “zarina sorridente”.
È stato il presidente della Spd, Sigmar Gabriel, ad annunciare l’accordo nel pomeriggio con a fianco il governatore bavarese e leader della Csu Horst Seehofer, falco dei falchi nel centrodestra. «Ha senso trattare sul concreto per formare insieme una coalizione, crediamo di poter trovare una base d’intesa su punti comuni con la Cdu-Csu». Scelta unanime della delegazione del partito-chiave della sinistra europea, niente dissensi, ha aggiunto. Pure, domenica un congresso-lampo straordinario della Spd qui a Berlino dovrà avallare la scelta. Con dubbi e timori: la Spd, pur di assicurare la governabilità della prima potenza europea e quindi dell’Europa, si rassegna a rischiare di “merkelizzarsi”. Cioè di cedere almeno temporaneamente al no della Cdu agli eurobonds e di sottomettersi a una cancelliera abilissima, capace di far propria ogni idea di politica sociale o di centrosinistra pur di consolidare il suo
potere. Prova difficile per gli eredi di Willy Brandt e Helmut Schmidt, ma la scelta è fatta, grandi sconfitti sono i Verdi, che ormai appaiono fuori gioco. «Sui temi più importanti i due grandi partiti sapranno trovare una massa critica sufficiente di intese», ha sottolineato il segretario generale della Cdu, Hermann Groehe.
Non sarà facile formulare insieme il programma di governo. Il negoziato potrebbe durare anche fino a dicembre o a inizio a gennaio. Ma la scelta è fatta, e ciò rafforza il governo Merkel uscente sulla scena europea e mondiale, fin quando il nuovo governo Merkel sarà formato, approvato dal Bundestag, nominato dal presidente federale. Le prime indicazioni sono di un programma sociale: a cominciare dal salario minimo garantito, che la Germania postbellica non ha mai avuto e che anche qui sembra sempre più necessario, e da politiche per la crescita e non solo per il rigore stile Bundesbank. «L’atmosfera dei colloqui è positiva », sottolinea il duro ideologo della Csu bavarese Alexander Dobrindt, il “giovane Suslov di Monaco”. Se lo afferma persino lui, c’è da crederci.
Impossible n’est pas français, si diceva a Parigi ai tempi gloriosi di de Gaulle, oggi Unmoeglich ist nicht deutsch, impossibile non è tedesco.
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