by Sergio Segio | 16 Ottobre 2013 7:33
ROMA — Si salva la sanità, nessuna «mannaia» come la definisce il presidente del Consiglio Enrico Letta durante la conferenza stampa, tenuta intorno all’ora dei telegiornali, in una pausa del consiglio dei ministri che, cominciato con un ora di ritardo verso le 18 e 30, è andato avanti fino a notte inoltrata. Una manovra di 11,5 miliardi di interventi a favore dell’economia tra cuneo fiscale, spese che non si possono derogare (dal 5 per mille, alle strade, ai lavoratori socialmente utili, ai policlinici universitari e molto altro) ed anche investimenti con il ritorno dei finanziamenti per Anas e Ferrovie. Ma anche nuove tasse sulla casa.
«Nessun taglio alla sanità, è la prima volta in dieci anni», esulta il ministro Beatrice Lorenzin, che aveva promesso il diavolo a quattro se la scure, come indicavano i testi della vigilia, si fosse abbattuta su farmaci e spese ospedaliere per i previsti 2,6 miliardi.
Una conferma viene, invece, per l’operazione cardine della manovra, ovvero il taglio del cuneo fiscale, cioè della differenza tra costo del lavoro e netto in busta paga. Le risorse per il 2014 saranno la metà esatta di quanto si ipotizzava alla vigilia: 2,5 miliardi da dividere tra lavoratori e imprese, invece dei 4-5 previsti (si salirà a 10 miliardi complessivi nella somma dei tre prossimi anni). Ciò dovrebbe significare perché i testi ieri non erano ancora
disponibili e lo scarno comunicato diffuso in serata non scende nei dettagli – che è stata scelta la strada più economica che dovrebbe prevedere poco più di 90-100 euro netti in busta paga per un intero anno. Non è escluso che la manovra sia estesa ai pensionati che in quel caso non beneficerebbero della rivalutazione degli assegni. Ma le scelte si vedranno a testi compiuti. Per ora c’è forte scetticismo da parte della Cgil che avvista «poca equità» e della Confindustria.
Letta tuttavia non «blinda» il testo: «Abbiamo dovuto correre ammette il premier facendo riferimento alla crisi di governo appena alle spalle – e ci saranno aggiustamenti che per forza di cose saranno messi a punto in Parlamento ». In particolare a restare aperto è il capitolo sul lavoro: la «ripartizione» dei 5 miliardi di taglio triennale delle tasse ai lavoratori «spetterà infatti alle Camere e alle parti sociali», ha spiegato Letta.
Il governo tuttavia si gioca molte carte con questa sua prima legge di Stabilità. Intanto perché annuncia di non avere intenzione di fa cadere la «mannaia» sulle tasche degli italiani: «Per la prima volta non si comincia con una sforbiciata di tagli e nuove tasse», ha detto Letta. Poi perché, come ha spiegato il ministro per l’economia Saccomanni: la legge di Stabilità «ci porterà fuori dalla recessione. Non cresceremo alla cinese, ma torneremo ad un Pil del 2 per cento», ha assicurato.
Evitato lo scoglio della sanità, il governo fa marcia indietro anche rispetto all’aumento della tassa sulle rendite finanziarie (aumentano solo i bolli). E arriva all’agognato «superamento» dell’Imu. In cambio si materializzano un grappolo di nuove sigle sulle quali si potrà esercitare l’Accademia della Crusca che il
governo opportunamente rifinanzia. «La Trise non sarà la nuova Imu», ha scandito il premier, ma le nuove Tasi-rifiuti e Tasiservizi già fanno parlare soprattutto per gli aggravi sulla seconda casa.
Sul fronte dei tagli del resto la partita non è indolore. Saccomanni ha detto di contare molto sulla spending review ma per ora gli interventi sembrano di carattere lineare: 2,5 miliardi saranno il frutto della sforbiciata sul bilancio dello Stato per ministeri e amministrazioni centrali (a partire dai 100 milioni per votare solo la domenica) mentre un miliardo verrà dalla spesa delle Regioni.
Nel menu appaiono anche due nuove misure. La prima è la rivalutazione delle quote dell’azionariato di Bankitalia in mano alle banche, uno dei punti suggeriti dal Renato Brunetta del Pdl nella sua lista di coperture. «Sta lavorando una commissione guidata da Bankitalia», ha assicurato Saccomanni. L’altra è la lotta all’evasione internazionale nell’ambito dei nuovi protocolli europei che consentiranno lo scambio automatico di informazioni tra paesi sul modello Usa.
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