by Sergio Segio | 16 Ottobre 2013 6:11
ROMA — Primo Gianni Cuperlo, poi Matteo Renzi, Gianni Pittella, Pippo Civati. Non è il risultato delle primarie del Pd per la segreteria, ma solo l’ordine sulla scheda elettorale. C’è chi fa scongiuri, chi scherza: «Io ultimo? Gli elettori ribalteranno il risultato», dice Civati. Il senso, comunque, è chiaro: la «macchina» organizzativa dei Democratici, verso la scelta dell’8 dicembre, è messa in moto. L’altra curiosità delle schede è che Renzi è l’unico a comparire col «suo» nome: Cuperlo è Giovanni «detto Gianni», Pittella all’anagrafe fa Giovanni Saverio Furio (anche lui «detto Gianni»), mentre «Pippo» Civati — in realtà — si chiama Giuseppe. Le tappe del percorso le illustrano il segretario Guglielmo Epifani e il responsabile amministrativo Davide Zoggia: congressi di circolo e assemblee provinciali (fino al 6 novembre), primo «giro» di votazioni nei circoli, liste per l’assemblea e infine il voto «aperto». Chi non è iscritto, deve versare due euro e sottoscrivere una carta d’intenti. Secondo Epifani «il clima è disteso, ma c’è anche una discussione profonda: il confronto congressuale è un momento insopprimibile di democrazia per i partiti veri». Chi vincerà «sarà il segretario di tutti» e i quattro in lizza «hanno tutti le stesse possibilità». Il segretario lancia anche un’iniziativa: «Sul mio sito ci sarà identifypd , strumento di ascolto e dialogo, aperto a chiunque abbia qualcosa da dire».
E il primo argomento in campo, nella sfida a quattro, è la riforma della legge elettorale. Da una parte Renzi, dall’altra Cuperlo, in mezzo gli altri. Sospetti, veleni, forzature: la posta in gioco è alta. Ieri, doppia riunione: una al partito, con Epifani e le varie «anime» (Luciano Violante, Luigi Zanda, Maurizio Migliavacca, Anna Finocchiaro, Matteo Richetti, Alfredo D’Attorre); l’altra a Palazzo Madama, al gruppo del Senato. Su un punto sembrerebbero tutti d’accordo: «Superare il Porcellum, confermare il bipolarismo, andare verso il doppio turno». Lo dicono i renziani, ma lo sostengono anche la Finocchiaro e Nicola Latorre: «Siamo d’accordo — dicono — sul fatto che il doppio turno, di lista o di coalizione, sia uno dei punti fermi per garantire governabilità». Il problema, casomai, sono i tempi.
Renzi e i suoi temono «accelerazioni» che portino «ad una deriva proporzionale», paventano possibili «accordi al ribasso col Pdl, leggine transitorie che sarebbero il pantano nel pantano». Rosa Maria Di Giorgi è chiara: «Se l’urgenza prevede accordi a tutti i costi, diciamo no. Non possiamo arrivare ad un compromesso peggiore del punto di partenza». E su questo pare che i renziani — negli incontri di ieri — abbiano segnato un punto. Ma perché tanta paura? Richetti, anche lui vicino al sindaco di Firenze, se la cava con una battuta: «Nel Pd ci sono 50 sfumature di grigio…». Ma anche Cuperlo fiuta un’aria strana. E chiede ad Epifani di «fissare una riunione tra i quattro candidati, per presentarci con una proposta comune sulla legge elettorale». Perché, ragionano i suoi uomini, «non è che Renzi può fare il puro e farci passare a noi per inciucioni…». È vero, la sfida per le primarie è partita.
Ernesto Menicucci
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