Inquinamento, il Nord Italia è nero

by Sergio Segio | 15 Ottobre 2013 11:41

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Aria pesante nelle città italiane. A puntare il dito sulla scarsa qualità di ciò che si respiriamo nel Belpaese, soprattutto al nord, è l’Agenzia europea per l’ambiente che oggi a Bruxelles presenta il rapporto 2013 sulla Qualità dell’aria nella Ue.

“Nonostante il calo dei livelli di emissioni e le riduzioni delle concentrazioni di alcuni inquinanti atmosferici negli ultimi decenni – si legge nella presentazione del rapporto – lo studio dimostra che il problema dell’inquinamento atmosferico in Europa è ben lungi dall’essere risolto. Due inquinanti specifici, le polveri sottili e l’ozono troposferico, continuano ad essere una fonte di problemi respiratori, malattie cardiovascolari e riducono la speranza di vita. Nuove scoperte scientifiche mostrano che la salute umana può essere danneggiata da minori concentrazioni di inquinamento atmosferico di quanto si pensasse”.

Padova e Lecco guidano la classifica continentale dei giorni in cui, nel 2011 (ultimi dati rilevati su scala continentale) i livelli di ozono hanno superato i limiti di guardia, rispettivamente con 104 e 100. A seguire la spagnola Caceres, ma poi è di nuovo Italia con Pavia, Reggio Emilia, Treviso, Parma, Verona, Varese, Modena Udine e Novara. Tutta o quasi la geografia della pianura Padano-Veneta. E proprio il nord è, nelle mappe dell’Agenzia europea dell’ambiente, una grande macchia rossa, quella da allarme.

L’ozono, ricorda l’Agenzia europea, è un potente ed aggressivo agente ossidante: respirato a livelli elevati crea problemi polmonari e riduce l’aspettativa di vita, oltre ad influire negativamente sulla produzione agricola e sul riscaldamento del pianeta.

Altro indicatore di inquinamento atmosferico, il più temuto per la salute, è la presenza delle PM10: le polveri sottili capaci di penetrare, a seconda delle dimensioni, nelle diverse parti dell’apparato respiratorio. La loro presenza e composizione dipende dai processi di combustione, ma anche dall’asfalto, l’uso dei freni e dei pneumatici e da fenomeni più o meno naturali, come incendi, eruzioni ed erosione terrestre.

Monza ha superato per ben 121 giorni i limiti consentiti per le PM10, finendo 12esima in Europa. Davanti, la città dell’autodromo ha solo una sfilza di toponimi dell’ex cortina di ferro, in cui si pagano ancora i ritardi della riconversione industriale e l’uso del carbone. Veleggiano oltre i 100 giorni di limiti superati anche Cremona, Vicenza, Torino e Treviso.

Sempre Monza guida la classifica, questa volta assoluta, per la presenza di NO2, di diossido d’azoto, prodotto dai motori e dalla combustione di caldaie e complessi industriali. Alte concentrazioni di NO2 causano infiammazioni e riducono la capacità polmonare, oltre a favorire la formazione di polvere sottili ed azoto, con conseguenti ulteriori danni per la salute ed il clima. Altro allarme è quello per i metalli pesanti. I dati, fanno presente dall’Agenzia Ue, non vengono rilevati a bordo strada o di fronte alle centrali termoelettriche, ma in punti della città non prossimi alle fonti inquinanti, in pratica come se stessimo respirando in terrazza o al bar.

“La situazione è disastrosa” accusa Anna Gerometta dell’associazione milanese Genitori anti smog “dal rapporto dell’Agenzia Ue emerge una chiara mancanza di volontà politica di affrontare questo problema che sta assumendo delle proporzioni sanitarie spaventose: è desolante che i nostri ministri dell’ambiente, governatori e sindaci siano completamente insensibili o incoscienti da non prendere provvedimenti”.

E che la cosa non cambi, lo dimostrano anche i dati 2012 e 2013 per Milano: ozono che supera di due volte il livello ammesso per la salute e diossido d’azoto che quintuplica i limiti.

“Recenti studi” insiste Gerometta “dimostrano un impatto neurologico dell’inquinamento dell’aria sulla crescita dei bambini con effetti di deficit cognitivo e di una riduzione dello sviluppo della capacità polmonare del 30-40%, ed un nesso tra lo sviluppo dei tumori e la vicinanza alle fonti inquinanti”.

La soluzione? In primo luogo un piano per lo sviluppo dei trasporti pubblici ed un approccio moderno ai problemi della mobilità. Intanto la pianura Padano-Veneta continua a indicare profondo rosso nelle mappe dell’Agenzia europea dell’ambiente.

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