Carcere, Comitato bioetica: promiscuità e sedentarietà minano la salute

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ROMA – Il carcere è, per la salute, un ambiente a rischio. Lo scrive nero su bianco il Comitato nazionale per la bioetica, che ha presentato nei giorni scorsi il documento “La salute dentro le mura”. Disturbi mentali, nevrotici e di adattamento sono dieci volte più presenti tra i detenuti. La promiscuità aggrava la possibilità di trasmissione di malattie infettive. Sedentarietà e cattiva alimentazione aumentano il rischio di patologie cardiovascolari e diabete. I dati dimostrano che i problemi di salute riguardano il 13 per cento della popolazione carceraria contro il 7 per cento della popolazione generale. La sproporzione aumenta per la dipendenza da droghe (21,5 per cento contro il 2,1), problemi dentali (15,3 per cento contro il 4,5); infezione da Hiv (2,08 per cento contro lo 0,2.).

A cinque anni dal passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, sono molti i problemi irrisolti: carente programmazione, differenti livelli di prestazioni tra regioni che inficiano il diritto alla continuità delle cure, carenze nel rapporto con il medico di base o di reparto, inadeguata informazione al paziente e ai parenti, mancato riconoscimento dello stato di incompatibilità con il carcere di soggetti con gravi malattie e invalidità, ritardi nelle urgenze con esiti a volte fatali. L’accesso alle visite specialistiche resta un nodo centrale

Il Comitato nazionale per la bioetica chiede anche la chiusura dei Cie. “Il diritto alla salute è soggetto a tali limitazioni da rendere dubbio l’uso del termine stesso di diritto”. (gig)

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”In carcere ostacolato il diritto alla salute”: dossier del Comitato bioetica

Dieci volte più presenti tra i detenuti disturbi mentali, nevrotici e di adattamento . Sovraffollamento, scarsa igiene, carenza di attività e relazioni affettive inesistenti sono i principali fattori che minano la salute dei detenuti. Il parere e le raccomandazioni del Comitato nazionale per la bioetica

14 ottobre 2013 – 12:49

ROMA – Il carcere è, per la salute, un ambiente a rischio. Lo scrive nero su bianco il Comitato nazionale per la bioetica, che ha presentato nei giorni scorsi il documento “La salute dentro le mura”. Disturbi mentali, nevrotici e di adattamento sono dieci volte più presenti tra i detenuti. La promiscuità aggrava la possibilità di trasmissione di malattie infettive. Sedentarietà e cattiva alimentazione aumentano il rischio di patologie cardiovascolari e diabete. I dati dimostrano che i problemi di salute riguardano il 13 per cento della popolazione carceraria contro il 7 per cento della popolazione generale. La sproporzione aumenta per la dipendenza da droghe (21,5 per cento contro il 2,1), problemi dentali (15,3 per cento contro il 4,5); infezione da Hiv (2,08 per cento contro lo 0,2.).

La salute negata. “Problemi quali il sovraffollamento, l’inadeguatezza delle condizioni igieniche, la carenza di attività e di opportunità di lavoro e di studio, la permanenza per la gran parte della giornata in cella, la difficoltà a mantenere relazioni affettive e contatti col mondo esterno, sono da considerarsi ostacoli determinanti nell’esercizio del diritto alla salute – riporta il documento firmato dalla coordinatrice Grazia Zuffa -. Su questi aspetti poco si avverte la voce delle autorità sanitarie preposte”.

A cinque anni dal passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, sono molti i problemi irrisolti: carente programmazione, differenti livelli di prestazioni tra regioni che inficiano il diritto alla continuità delle cure, carenze nel rapporto con il medico di base o di reparto, inadeguata informazione al paziente e ai parenti, mancato riconoscimento dello stato di incompatibilità con il carcere di soggetti con gravi malattie e invalidità, ritardi nelle urgenze con esiti a volte fatali. L’accesso alle visite specialistiche resta un nodo centrale: “L’inserimento dei detenuti nelle liste di attesa ordinarie li penalizza, poiché la possibilità di poter accedere alla visita una volta arrivato il proprio turno dipende dalla disponibilità delle scorte di polizia”. Altri campi critici sono l’assistenza odontoiatrica, la riabilitazione fisioterapica e l’assistenza psicologica.

Aree di intervento. Per migliorare la situazione bisogna partire, per il Comitato, da alcuni punti chiave: istituire di una cartella sanitaria nazionale informatizzata, sviluppare la telemedicina, promuovere la salute mentale con personale adeguato e riducendo i fattori di stress ambientali, prevenire il suicidio e l’autolesionismo. L’invito è anche a prestare maggiore attenzione alle donne detenute, “su cui il carcere sembra avere un maggiore impatto di sofferenza” scrive Zuffa, che ricorda anche “la presenza dei bambini che hanno meno di tre anni e che vivono in carcere con le loro madri.”. Il Comitato raccomanda, inoltre, l’adeguamento dei programmi agli standard per le persone con dipendenza, la prevenzione della trasmissione della infezione Hiv e il trattamento adeguato delle persone sieropositive, la parità di trattamento per i migranti (vedi lancio successivo). Infine, l’invito a sorvegliare “affinché un settore come il carcere, che abbisogna di molti sforzi per raggiungere standard accettabili di vivibilità, non abbia al contrario a soffrire per la contrazione delle risorse”. (gig)

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