by Sergio Segio | 13 Ottobre 2013 7:13
ROMA — Non ci fosse Lorenzo, 14 mesi, arrivato apposta da Monza con la mamma, come diversi altri bambini, l’età media non sarebbe certo da liceali. Giovani ce ne sono. Ma è una folla soprattutto di persone anziane quella che ieri ha riempito Piazza del Popolo e le rampe del Valadier fin sul piazzale del Pincio per difendere la Costituzione. Più capelli bianchi che zaini. Più sobri pensionati con famiglia al seguito che ragazzi. Che hanno applaudito a lungo Stefano Rodotà che spiegava come «si sarebbe potuta avviare un processo di revisione della Carta invece, in assenza di consenso si sta tentando una scorciatoia pericolosa».
Ma il rischio non è quello di non cambiare mai nulla? Che una riforma della seconda parte della Costituzione eternamente richiesta resti sempre inattuata? Non si rischia di diventare i pasdaran del non cambiare mai nulla?
Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte costituzionale, rifiuta il paragone: «La riforma deve essere un percorso partecipato». E la stessa linea la sostiene un altro partecipante al corteo, il segretario di Sel Nichi Vendola: «Ho troppo rispetto per Napolitano anche quando non sono d’accordo con lui. Ma non credo che questo Parlamento, partorito da una legge elettorale incostituzionale, abbia il diritto di cambiare la Costituzione».
Antonio Ingroia, l’ex pm che della Costituzione aveva fatto la bandiera del suo partito dice polemico: «Se si vogliono eliminare i parlamentari si faccia. Chi dice niente? Non voglio bloccare ogni riforma ma impedire che lo si faccia saltando l’articolo 138 della Carta».
Il signor Giorgio, comodamente over 60, ha portato moglie, figlia e anche il cane Kira. E sorride all’idea di essere considerato uno che non vuole cambiare nulla: «Sono un vecchio di sinistra. Ho sempre difeso la Costituzione. E continuo a farlo ora che ce n’è più bisogno che in passato. Ma nessuno chiede di non modificarla. Però come vuole la Costituzione». Concorda Nando Benigno, dell’associazione Antonino Caponnetto, stessa generazione, in mano il lembo di un lungo striscione con su scritto «il popolo è sovrano». «Non è che il primo che si alza può dire adesso cambio la Costituzione. I padri costituenti sono stati lungimiranti e hanno stabilito come farlo nell’articolo 138. Bisogna rispettare quei tempi», insiste.
Ieri, sul «Foglio» si paragonavano i manifestanti al Norman Bates di Psyco per illustrare la difesa di una mamma-Costituzione in via di decomposizione. Paragone un po’ brutale che Stefano, 21 anni, del presidio universitario di Libera, arrivato da Bologna assieme a coetanei di varie associarioni, non capisce: «Certo che la Costituzione va cambiata. Ma con criterio. È tutto fatto troppo in fretta». E la sua amica Clarissa aggiunge: «Scusa ma ti pare questo il momento di cambiarla?».
Ma non temete di più che lasciare tutto fermo sia peggio? «No. È che è talmente evidente il giochetto. Si vogliono modificare i meccanismi per far passare cambiamenti che piacciono solo a pochi. In particolare a uno che non ha mai accettato che la legge deve essere uguale per tutti» risponde Chiara, 23 anni occhi turchini allargando le braccia. «Ma se non sono capaci nemmeno a cambiare la legge elettorale come pensano di scimmiottare i costituenti? Ma va là», dice Lara, da Mondovì, 57 anni.
C’è chi vorrebbe che la manifestazione si trasformasse in un partito. Vincenzo Cutolo, della associazione milanese Educa-ci (Educazione Civile): «Siamo qui con tutte queste belle persone, sarebbe bello che potessero dare vita a una formazione pulita che potrebbe togliere voti dati a Grillo (che erano seri, ma poi lui dopo le ultime vicende si è dimostrato uno sciacallo). E potrebbero ridare a molti la voglia di votare». Antonio Di Pietro sarebbe d’accordo: «Io no. Io ho fatto il mio tempo. Ma se ci fosse qualcuno sul palco che sapesse tirare le fila di tutto questo …». Stefano Rodotà? «E perché no? Guarda qua che applausi, avrebbero il 20% dei voti». Ma Rodotà dal palco dice: «Non dicano “vogliono fare un partitino”, pensino a cosa accade ai partitoni». A dispetto delle brame di chi vorrebbe trasformarla in voti, la piazza ha una richiesta concreta e unanime: «Giù le mani dalla Costituzione». Un monito che Efisio, giovanotto classe ’29 di Trastevere, sintetizza così: «Non vi dovete azzardare».
Virginia Piccolillo
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