«Via il reato di clandestinità» In Senato primo colpo alla Bossi-Fini

by Sergio Segio | 10 Ottobre 2013 5:15

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ROMA — Il via libera del governo a un emendamento del Movimento 5 Stelle che abolisce il reato di clandestinità e un decreto legislativo sul diritto di asilo. In due mosse l’esecutivo ha impresso ieri una brusca virata alla politica sull’immigrazione definita nella legge Bossi-Fini. Scatenando sconcerto nel Pdl e dure reazioni nella Lega.
A suscitare polemiche il parere favorevole dell’esecutivo, annunciato dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, in quota Pdl, all’emendamento grillino (votato anche da Pd, Sel e Sc) sulla depenalizzazione del reato di clandestinità presentato in commissione al Senato nell’ambito del provvedimento sulla messa in prova dei detenuti: «La sanzione penale appare sproporzionata e ingiustificata – ha spiegato Ferri – E quella penale pecuniaria è di fatto ineseguibile, considerato che i migranti sono privi di qualsiasi bene». «L’abolizione del reato di clandestinità è una vergogna», ha tuonato subito la Lega che ha votato «no» assieme al Pdl. Il ministro dell’Interno, e segretario dello stesso Pdl, Angelino Alfano, ha appreso con sconcerto la notizia durante il Consiglio dei ministri. Ed è scattato subito l’allarme nel partito che ha aperto una discussione interna sulla linea da assumere. Con Mariastella Gelmini che ha twittato: «Ma siamo impazziti»?
Intanto, comunque, nel Consiglio dei ministri, veniva approvata la mini-rivoluzione del diritto di asilo. Una norma che attua una direttiva del Parlamento europeo (per il cui mancato recepimento a luglio era stata aperta una procedura d’infrazione contro l’Italia) e prevede che venga rilasciato il permesso di soggiorno di lungo periodo «alle medesime condizioni previste per i cittadini stranieri» anche al «rifugiato e al titolare di protezione sussidiaria» che finora ne erano esclusi. Nei quattro articoli del ddl viene prevista la possibilità per i rifugiati di muoversi all’interno dei Paesi europei. I titolari di protezione internazionale muniti del permesso di «lungo soggiorno», infatti, potranno stabilirsi, a determinate condizioni (ad esempio, per motivi di lavoro), in un secondo Stato europeo. Per ottenere il permesso «lungo» si elimina per gli stranieri beneficiari di protezione internazionale e i loro familiari l’onere di documentare la disponibilità di un alloggio idoneo. Si esclude anche l’obbligo di superare un test di conoscenza della lingua italiana. E per il rilascio del permesso ai titolari di protezione internazionale, nel calcolo dei cinque anni necessari a maturare lo status, si computa il periodo di soggiorno compreso tra la data di presentazione della domanda di protezione internazionale e la data del rilascio del permesso di soggiorno per asilo o per protezione sussidiaria.
Il nuovo status di «lungo soggiornante» per i beneficiari di protezione internazionale non interferisce con la protezione dall’espulsione, che rimane circoscritta ai casi di pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica. Fermo restando che nessuno può essere rinviato verso uno Stato in cui può essere oggetto di persecuzione.
Le modifiche introdotte dal decreto, si legge nella relazione di accompagnamento, mirano a garantire la stessa tutela allo straniero a cui il permesso per soggiornante di lungo periodo è stato rilasciato da un altro Stato membro. In particolare, si prevede che lo straniero a cui un altro Stato Ue ha riconosciuto sia la protezione internazionale che lo status di soggiornante di lungo periodo possa essere allontanato solo verso questo Stato. Il provvedimento è stato accompagnato dallo stanziamento da parte del Consiglio dei ministri di 190 milioni per l’immigrazione a cui se ne aggiungono 20 per i minori non accompagnati.
Virginia Piccolillo

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