«Pensioni sopra 3.000 euro, aumenti bloccati»
MILANO — Lo aveva annunciato qualche settimana fa, lo ripete in audizione alla commissione lavoro della Camera: nel 2014 non ci sarà l’adeguamento al costo della vita delle pensioni oltre sei volte il minimo (circa tremila euro lordi). Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini conferma il blocco della perequazione introdotta dalla riforma Fornero per il biennio 2012-2013.
La misura, che scade alla fine di quest’anno, sarà quindi confermata dal governo Letta che potrebbe destinare gli eventuali risparmi «in un’ottica di solidarietà», così come specificato ieri dal ministro. Sarà invece garantita l’indicizzazione piena per gli assegni più bassi fino a tre volte il minimo, al 90% fra tre e cinque volte il minimo e al 75% fra cinque e sei volte.
L’intento, come spiegato da Giovannini, è quello di una rivalutazione del sistema della perequazione per «ridurre l’indicizzazione delle pensioni più elevate». Su oltre 23,4 milioni di assegni complessivi, quelli superiori a sei volte al minimo sarebbero poco più di 600 mila per un importo complessivo annuo di quasi 34 miliardi (sugli oltre 270 complessivi di spesa Inps riferiti al 2012). Non proprio spiccioli, ma niente a che vedere con le somme che potenzialmente potrebbero arrivare dalle cosiddette pensioni d’oro. Tanto che l’annuncio è subito seguito da critiche da parte dei sindacati dei pensionati che hanno chiesto di colpire tutti i possessori di redditi elevati (patrimoni, retribuzioni e non solo pensioni).
«La deindicizzazione parziale per le pensioni molto elevate è uno strumento che contiamo di usare dal 2015, ma — ha puntualizzato l’ex numero uno dell’Istat — ha un effetto significativo per i singoli e relativamente piccolo per il complesso perché il numero delle pensioni elevate è limitato». Insomma «i risparmi che si otterrebbero non sono da soli sufficienti a spingere verso l’alto le pensioni più basse». Senza contare che i prelievi sugli assegni cosiddetti «d’oro» (come il contributo di solidarietà) sono stati bocciati dalla Corte costituzionale. «È più facile intervenire sui pensionandi d’oro che sui pensionati» ha confermato Giovannini.
Il ministro ha poi annunciato di aver analizzato le proposte dei parlamentari sulla possibile modifica della riforma Fornero, in vista della legge di Stabilità. Proposte con oneri di «diversi miliardi l’anno» e giudicate «incompatibili» con il percorso di contenimento della spesa pubblica: «Con la riforma Fornero — ha spiegato Giovannini — si risparmieranno solo per la parte dell’inasprimento sulle regole per l’accesso al pensionamento, 93 miliardi fino al 2021 a fronte dei quali 10,4 miliardi vanno per la salvaguardia dei lavoratori esodati fino al 2011». Una «bolla», quella degli esodati, considerata da Giovannini «coperta ed esaurita dai decreti di salvaguardia». Parole che hanno scatenato la reazione dei sindacati con la Cgil che ha chiesto «di aprire immediatamente un confronto sulla flessibilità».
Da parte sua il governo ha ribadito l’indisponibilità a una «controriforma» Fornero: la coperta resta corta e introdurre sistemi di pensionamento più flessibili produrrebbe un «aumento consistente» delle uscite giudicato insostenibile per le casse dello Stato. La porta però resta socchiusa per soluzioni alternative: allo studio ci sarebbe infatti la possibilità, per coloro che hanno perso il lavoro a pochi anni dalla pensione, di ricevere un anticipo dell’assegno da restituire gradualmente una volta raggiunta l’età d’uscita prevista dalla legge attuale. Proposta che non necessariamente potrebbe confluire nella legge di Stabilità.
Corinna De Cesare
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