by Sergio Segio | 9 Ottobre 2013 6:56
L’appello di Giorgio Napolitano al Parlamento perché con un provvedimento di amnistia e indulto riduca il sovraffollamento delle carceri, ha fatto rizzare subito le antenne a quanti aspettano la decadenza di Silvio Berlusconi da parlamentare; e tendono a vedere nella stabilità ritrovata non solo la propria sconfitta ma possibili manovre per favorire un Cavaliere già sull’orlo della decadenza da senatore e dell’affidamento ai servizi sociali. Nel messaggio scritto del capo dello Stato, recapitato ieri alle Camere, l’ex pm Antonio Di Pietro coglie come minimo «una tempistica sospetta». Eppure, su amnistia e indulto il Quirinale insiste da mesi. Trattarlo solo come un modo surrettizio per aiutare il capo del centrodestra sa di attacco pregiudiziale.
D’altronde, la spaccatura fra chi plaude all’iniziativa e chi la contesta riflette fedelmente le distanze fra maggioranza e opposizione. Ma conferma anche come Pd, Pdl e Scelta civica stiano faticosamente superando la fase conflittuale che pochi giorni fa aveva portato il governo di Enrico Letta sull’orlo della crisi: perfino su un tema incandescente come la giustizia. Sono Beppe Grillo, la Lega e ciò che rimane dell’Idv a criticare Napolitano. Di Pietro insinua «uno scambio per sorreggere il governo Letta». E la Lega di Roberto Maroni, pronta a sfruttare la paura di una parte dell’opinione pubblica, gli imputa di «aprire le porte delle carceri» invece di farne costruire altre.
In realtà, nel messaggio del Quirinale si fa presente quanto la situazione carceraria italiana crei sconcerto in Europa e umili l’Italia. Amnistia e indulto, si legge, possono «favorire una significativa riduzione» del numero dei detenuti. Napolitano non entra nel merito dei provvedimenti. Il perimetro dell’amnistia, i reati da includere o escludere rientrano «nelle competenze esclusive del Parlamento». Ma l’insinuazione insultante dei grillini che definiscono il presidente della Repubblica «padrino di un salvacondotto per Berlusconi», non può passare sotto silenzio. E da Cracovia, Napolitano replica con durezza.
Con la voce incrinata, dice a quanti lo accusano di volere un’amnistia pro-Berlusconi: «Sanno pensare a una sola cosa. Hanno un pensiero fisso. Se ne fregano dei problemi della gente e del Paese e non sanno quale tragedia sia quella delle carceri. Non ho altro da aggiungere». Il Guardasigilli, Anna Maria Cancellieri, conferma che «decide il Parlamento» e bolla come «falsa idea» quella di un’amnistia per salvare il Cavaliere. È «una lettura banale. Le vicende di Berlusconi», conferma il capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza, «non hanno a che fare con questo problema». Alcuni settori della sinistra, però, mettono le mani avanti per escludere che misure di clemenza possano riguardare reati fiscali come quelli all’origine della condanna dell’ex premier.
Temono di essere additati dalle opposizioni, per le quali l’argomento polemico è troppo ghiotto. Il fatto che il premier, Enrico Letta, definisca l’iniziativa «ineccepibile», il Pdl con Renato Schifani applauda il capo dello Stato e lo stesso Pd accolga come «assolutamente positiva» l’esortazione di Napolitano, disegna uno scenario politico più stabile. E questo è usato come una sorta di prova indiretta dei peggiori sospetti. Politicamente, costituisce una novità sgradita e inaccettabile per quanti hanno puntato e forse ancora sperano nella crisi. Il clima «si è svelenito nel momento in cui il Parlamento ha dato la fiducia al governo Letta: bisogna essere ciechi per non capirlo», ha dichiarato ieri il presidente della Repubblica. Ma forse è stato capito così bene che il suo ruolo di garante della coalizione lo espone ancora di più agli attacchi.
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