Cuneo fiscale, Irap più leggera per le imprese e versamento unico nelle tasche dei lavoratori

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Il governo ha superato brillantemente la tempesta politica ma si ritrova con i problemi di sempre: grandi obiettivi di rilancio dell’economia, poche risorse a disposizione e pochissimo tempo per trovare la quadra. Partendo quasi da zero, a causa del tempo perso per la crisi politica, come ha candidamente ammesso il presidente del Consiglio ieri sera incontrando nel suo studio al terzo piano di Palazzo Chigi i leader di Cigl, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. La legge di Stabilità per il 2014 deve essere approvata dal Consiglio dei ministri al massimo entro una settimana. Di qui l’accelerazione impressa da Letta, che oggi vedrà i vertici della Confindustria e domani quelli di Rete imprese (artigiani e commercianti). Sul tavolo, appunto, le misure per la crescita, a partire dal taglio del cosiddetto cuneo fiscale (tra i più alti in Europa) con l’obiettivo da un lato di ridurre il costo del lavoro e rendere le imprese più competitive e dall’altro di far aumentare il salario netto per dare sollievo alle famiglie e rilanciare i consumi. Ma le distanze tra governo e parti sociali sono enormi. Per evitare lo scontro col sindacato Letta ha deciso di tenere aperto il tavolo. Ci saranno altri incontri fino a martedì, quando il consiglio dei ministri approverà la legge di Stabilità. 
L’idea che sta prendendo forza nel governo è quella di uno sgravio fiscale che entri nelle tasche dei lavoratori tutto in una volta e non mese per mese, qualche centinaio di euro anziché 15-20 a stipendio di cui nessuno di accorgerebbe. Ma i sindacati hanno messo le mani avanti, avvertendo il premier che non potrà cavarsela con uno sgravio una tantum, tipo la detassazione delle tredicesime, e che invece ci vuole un aumento forte e permanente delle detrazioni su lavoratori dipendenti e sui pensionati, accompagnato da interventi a favore degli «incapienti» (i redditi più bassi). 
Dal lato delle imprese, invece, si lavora a un alleggerimento dell’Irap sul costo del lavoro, a una riduzione dei contributi Inail (assicurazione sugli infortuni sul lavoro) e a un aumento degli sgravi sul salario di produttività, con benefici anche per i lavoratori. La manovra sull’Irap potrebbe far leva su un aumento della deduzione forfettaria già prevista a fronte dell’impiego di dipendenti a tempo indeterminato, così da favorire l’occupazione. In questo senso vanno anche le ipotesi di utilizzo completo della nuova indennità di disoccupazione, l’Aspi, e della stessa cassa integrazione straordinaria come dote per l’azienda che assumesse i percettori di questi sussidi. Percettori che sarebbero resi noti dall’Inps alle agenzie di collocamento pubbliche e private. Su queste ultime misure spinge in particolare il Pdl attraverso l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi mentre il Pd, anche qui con un ex titolare del Lavoro, Cesare Damino, insiste perché accanto al taglio del cuneo ci siano anche misure di flessibilizzazione della riforma delle pensioni per consentire l’uscita anticipata dal lavoro. 
L’operazione di riduzione del cuneo probabilmente sarà a tappe. Si partirebbe appunto con un taglio di 4-5 miliardi nel 2014 che salirebbero nei successivi due anni in linea con l’aumento delle coperture disponibili che dovrebbero derivare dalla rinnovata spending review (taglio della spesa pubblica corrente) affidata al super commissario Carlo Cottarelli, dal riordino egli incentivi alle imprese e dallo sfoltimento delle agevolazioni fiscali. 
Insieme con la legge di Stabilità che verrà inviata a Bruxelles, dove secondo le nuove regole comunitarie dovrà ricevere il via libera della commissione, il consiglio dei ministri di martedì approverà la manovrina sulle pendenze 2013, a partire dalla correzione dei conti pubblici per 1,6 miliardi, così da riportare il deficit pubblico dal 3,1% del prodotto interno lordo al 3% richiesto da Bruxelles. Altri 3-400 milioni dovrebbero essere trovati per finanziare la cassa integrazione in deroga mentre il provvedimento più difficile riguarda la seconda rata dell’Imu sulla prima casa. Se il governo rispetterà la promessa di abolirla dovrà trovare una copertura di 2,4 miliardi. Restano in campo, oltre a qualche taglio di spesa (ma nei due mesi dell’anno che restano si può fare ben poco), le ipotesi di aumenti delle accise. 
Enrico Marro


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