by Sergio Segio | 5 Ottobre 2013 7:02
ROMA — A giorni, la giunta delle Elezioni e delle Immunità presieduta da Dario Stefàno (Sel) proporrà all’aula del Senato la mancata convalida dell’elezione di Silvio Berlusconi. Si avvicina dunque il momento della decadenza del Cavaliere, in forza della legge Monti-Cancellieri-Severino che lo annovera tra chi è indegno di vestire i panni del parlamentare dopo una condanna definitiva (4 anni per frode fiscale, nel caso del Cavaliere). La decisione è stata assunta a maggioranza in giunta con i voti favorevoli del Pd, Scelta civica, Sel e M5S e quelli contrari di Pdl e Lega.
La prossima tappa, mercoledì, comporta un ultimo voto tecnico in giunta sulla motivazione del dispositivo votato ieri e poi la palla passa al presidente del Senato, Piero Grasso, che non oltre giovedì 24 ottobre deve fissare la data in cui il plenum dirà l’ultima parola sull’espulsione dell’ex premier da Palazzo Madama. Il regolamento prevede il voto segreto (si vota su una convalida e non su un’autorizzazione chiesta dalla magistratura) ma il M5s e il senatore Felice Casson (Pd) già annunciano battaglia affinché «ognuno si assuma le proprie responsabilità con il voto palese». Il capogruppo Renato Schifani (Pdl) ricorda con sicurezza che «il voto sarà segreto a meno che il presidente Grasso non intenda alterare il regolamento: ho fatto il presidente del Senato per 5 anni e ricordo come in occasione del voto sul senatore De Gregorio sia stato proprio il senatore Zanda del Pd a ricordare al sottoscritto come il voto dovesse essere segreto. E segreto fu».
Insomma, chiusa la battaglia della giunta ora si apre quella dell’aula. Col voto segreto, infatti, il Pdl spera di bloccare all’ultimo minuto la decadenza di Berlusconi mentre il Pd, senza trasparenza nell’urna, teme imboscate di «fuoco amico», interno e de esterno al partito, che poi gli verrebbero messe sul conto dai grillini: «Oggi — spiega un funzionario del Senato di lungo corso — si sta creando la stessa situazione già vista nel ‘93, quando l’autorizzazione a procedere contro Craxi fu bloccata dai voti coperti del Msi e della Lega». Che poi incendiarono le polveri contro la prima Repubblica. In questo clima, dunque, è impervia la strada che porterebbe il presidente Grasso a convocare la giunta del regolamento per varare un’«interpretazione ad personam», capace di estendere lo scrutinio palese previsto per le autorizzazioni (l’arresto di Lusi, per esempio) alle votazioni e per le convalide.
La decisione della giunta è arrivata all’esito di una seduta pubblica velocissima disertata da Berlusconi e della successiva camera di consiglio. Dopo sei ore di «conclave», spezzato solo da una pausa caffè e da quella per un panino, la giunta si è espressa a maggioranza: 15 a 8 per la decadenza. Si sono formate maggioranze variabili ininfluenti (con l’astensione di Enrico Buemi, socialista eletto nel Pd) sui singoli punti proposti dalla difesa di Berlusconi, e in particolare sulla possibilità di rinviare la questione dell’applicazione della legge Severino alla Consulta e/o alla corte di Giustizia della Ue.
Tutto il Pdl, a partire da Schifani, si è pronunciato contro la «decisione politica» della giunta e ha seguito la linea di Berlusconi e dei suoi avvocati di non riconoscere i «giudici» convocati nella sala Koch del Senato. Il senatore Giuseppe Esposito (Pdl) paragona la partita vista in giunta alla finale di coppa del Mondo: «Le partite sono interessanti quando non si conosce l’esito finale; in questo caso, invece, il risultato era già deciso da tempo e già si conoscevano i pregiudizi diffusi in mondovisione da tanti membri della giunta». Per il Pd, invece, interviene la senatrice Isabella De Monte, segretaria della giunta: «Chi parla di verdetto politico ignora la legge. Il lavoro della giunta è stato scrupoloso e non certo animato da pregiudizio politico. Il capogruppo Schifani può prendersela con chi, come lui, approvò nella scorsa legislatura la legge Severino. Non siamo e non potevamo essere un quarto grado di giudizio ma, come parlamentari, abbiamo deciso solo sulla base delle evidenze. Se poi il Pdl ha contestato la legge Severino solo negli ultimi mesi per aiutare Berlusconi ha clamorosamente fallito». Per Benedetto Della Vedova (Scelta civica) «il voto non è stato pro o contro nessuno ma solo applicativo della legge anticorruzione».?
Dino Martirano
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