Letizia Moratti: «Cambiare la legge sul non profit»

by Sergio Segio | 4 Ottobre 2013 7:43

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Del tema si è parlato ieri a Roma nel convegno promosso dalla rivista Vita e dall’associazione Make a Change con l’idea di chiedere una modifica della legge 155 che regola oggi la materia. Secondo Letizia Moratti, che ha partecipato al convegno e che da anni affianca la comunità di San Patrignano, tre sono i punti critici della normativa italiana che andrebbero modificati. «In primo luogo la governance delle imprese sociali non permette l’ingresso di soci profit nell’amministrazione. Più in generale la 155 confina le imprese sociali in ambiti molto restrittivi. Non prevede, ad esempio, l’attività di commercio equo e solidale, l’inserimento di lavoratori svantaggiati, l’housing sociale, il microcredito. Infine senza introdurre la possibilità di remunerare il capitale è difficile far affluire risorse finanziarie verso il non profit che pure ne avrebbe un gran bisogno».
La rigidità normativa italiana contrasta con un clima culturale che in tutta Europa tende a rivalutare l’azione delle imprese sociali. Esistono studi persino della McKinsey che analizzano casi di ottima gestione e di buona capacità di generare valore per l’intera comunità. «La crisi in cui ci dibattiamo ha portato a una riflessione profonda sui guasti della finanza speculativa e avviato iniziative che si propongono invece di attivare una finanza che lavora sul medio periodo e mette al centro la socialità» commenta Letizia Moratti. In Europa tutto ciò ha favorito che in sede Ue venissero approvate direttive comunitarie più evolute e lanciati i fondi europei per l’imprenditorialità sociale. Ma anche negli Stati Uniti il trend è il medesimo e ha visto svilupparsi a partire dal Vermont esperienze di low profit company. «Bisogna evitare, dunque, che l’Italia resti indietro nella normativa nonostante l’ampiezza del movimento del volontariato, delle cooperative e le straordinarie performance delle imprese sociali già attive (300 mila che danno lavoro a 680 mila addetti, ndr )».
San Patrignano è una di queste. È stato calcolato, ad esempio, che l’adozione concreta di misure alternative alla detenzione in carcere presso San Patrignano ha generato risparmi per lo Stato di 15 milioni di euro l’anno e se almeno una parte di queste risorse tornasse indietro quelle esperienze potrebbero essere estese. «Ci sono prestazioni che lo Stato fa fatica ad erogare e che invece le imprese sociali sanno gestire alla perfezione da un punto di vista organizzativo» dice Moratti.
In attesa che cambino le leggi la ricerca su un nuovo patto tra non profit e buona finanza fa passi in avanti a San Patrignano con l’adozione di nuove iniziative. Una di queste è un fondo di garanzia, lanciato in collaborazione con due banche, per finanziare i giovani che escono dalla comunità e creano loro imprese. Il fondo nascerà grazie anche all’impegno di Accenture, dell’università Bocconi e della rete Vobis e «rappresenta — conclude Moratti — l’adozione anche da noi del modello Yunus di mediocredito».

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