by Sergio Segio | 12 Settembre 2013 8:27
Siamo da tempo abituati all’uso che il potere in Italia fa del concetto di «fatto»: una continua, lenta distorsione di qualunque verità fattuale, in modo da giustificare con una vernice di legalità ogni decisione che vada contro gli interessi della popolazione ed a favore di una delle tante piccole lobby che dal potere e dal denaro pubblico traggono il loro nutrimento da sanguisughe.
La lieve abile menzogna atta a raggiungere lo scopo con una procedura alla vaselina è la più grande eredità che il modo di pensare democristiano ha lasciato all’attuale classe politica.
Non è stato quindi con sorpresa che in questi anni, per quanto riguarda l’alta velocità ferroviaria Torino-Lione, abbiamo visto il gruppetto di potere che ha colonizzato questo grosso affare trovare ogni pretesto per giustificare un’opera notoriamente inutile, dannosa, mal progettata, peggio rabberciata, costosissima e «urgentemente» da effettuare da ben 24 anni: senza che finora si siano scavati null’altro che un paio di centinaia di metri di un tunnel di prova. La Cmc, coop rossa di Ravenna preferita da Bersani con il gotha del Pd in consiglio di amministrazione, la classe dirigente neodemocristiana del Piemonte, dalla Lega fino al Pd stesso, gli ascari piazzati nelle poltrone di governo che sull’opera giocano la loro carriera politica altrimenti anonima, i boiardi di stato e loro portaborse che in giacca e cravatta fanno gli occhi buoni per spiegare come tutto – per il Tav – sia sempre andato alla perfezione, a parte questi pochi, anacronistici oppositori fuori dal tempo e dalla storia.
Non era quasi più il caso di ribattere, e si attendeva che loro stessi annegassero pian piano nel cucchiaino della loro pochezza. Ma ora assistiamo ad un fenomeno nuovo: vediamo brevemente alcuni fatti ed in cosa consiste.
La Procura del capoluogo piemontese dedica assidua attenzione ai «ragazzi Notav», arrestandoli e paventando il grande ritorno del terrorismo anni 70. Alla sua guida, un procuratore onusto di gloria che è impossibile anche solo criticare, avendo esteso Papa Pio IX anche a lui il dogma dell’infallibilità. Uno dei maggiori filosofi italiani, europarlamentare, esercita una sua prerogativa andando a colloquiare con alcuni detenuti: a causa di ciò viene convocato dalla Procura stessa, non certo per spaventarlo, ma per fare quattro amichevoli chiacchere in amicizia, suppongo.
Ma ecco gli ultimi, emblematici, fatti. Uno scrittore molto bravo ribadisce le sue posizioni Notav, e addirittura afferma che sabotare un’opera violenta e mafiosa è una violenza necessaria e giustificabile: per questo viene letteralmente linciato in pubblico, fino ad arrivare all’ovvia denuncia penale intimidatoria ed all’invito al boicottaggio dei suoi libri. Lo zenit, anzi il nadir, lo raggiunge poi il peggiore di tutti i boiardi statali del Tav, presidente di un sedicente Osservatorio dove solo gli «yes-men» sono ammessi: egli proferisce la memorabile dichiarazione: «In Valsusa il terrorismo c’è già, Caselli è troppo prudente». Altre dichiarazioni che assimilano il Notav alla mafia non contano, dato che chi le ha fatte non è nulla. Ma insomma: dàlli all’untore, era in pieno atto la manovra. E puntualmente, il 9 settembre, arriva la pistola fumante: tre betoniere distrutte e altre quattro danneggiate da un incendio in una ditta in Valsusa, che lavora calcestruzzi di vario tipo e porta le sue betoniere anche al cantiere del Tav. La pista da seguire sarebbe normalmente quella delinquenziale: il primo comune del Nord a essere sciolto per mafia, nel 1995, fu Bardonecchia e le denunce sulle infiltrazioni di ‘ndragheta e mafia nei subappalti della Torino-Lione sono state avanzate più volte proprio dallo stesso movimento No Tav: l’attentato suona come uno degli avvertimenti al fronte imprenditoriale favorevole all’opera, per evitare defezioni tra le fila degli imprenditori stessi, come è recentemente avvenuto. In ogni caso, l’assicurazione rifonderà 800.000 euro, in un periodo in cui il mercato delle betoniere è fermo. Senza accuse preconcette, si potrebbe anche indagare la pista del ricorso alla riscossione assicurativa come liquidità per l’impresa.
Nulla di tutto questo. Ad incendiar le betoniere sono stati sicuramente i Notav. La corale degli indignados è già ampiamente partita in ogni sua componente. Lupi e pecorelle ruggiscono insieme come leoni contro il cattivissimo Erri de Luca, «responsabile morale» di questa escalation del terrore.
Qual è la ragione di questa canea scatenata? E’ semplice: il Tav, e la situazione di «ritorno al terrorismo» che viene agitata davanti all’opinione pubblica ha nulla a che fare con la cosa in sé: è uno strumento per attirare l’attenzione su un nuovo giocattolo per discussioni all’happy hour, o la sera davanti alla televisione. La «caccia al Notav» per distrarci dalla guerra, dall’insipienza del governo dinanzi alla crisi economica, dalla disoccupazione, dal crollo delle garanzie sociali, dall’imbarbarimento della nostra società per aumentare il profitto di quattro gatti. Ma democratici e antiterroristicamente legalitari, sia ben inteso.
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2013/09/val-di-susa-siamo-alla-svolta-ma-quale/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.