Un gioco al rialzo che potrebbe portare a un esito traumatico

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Ma se si dovesse dar retta ai proclami di ieri, la crisi di governo è dietro l’angolo. La rigidità del Pd nel volere quanto prima il responso della commissione delle immunità del Senato si somma agli ultimatum disperati del Pdl. E sembra condannata a produrre una miscela tale da mandare in frantumi la maggioranza trasversale che sostiene Enrico Letta. Ieri sera, invece, non c’è stato nessun voto. La riunione odierna dei parlamentari del Pdl col Cavaliere è stata disinnescata. E fra le pieghe del regolamento e di una rissa verbale annunciata e in crescendo, appaiono e scompaiono segnali appena percettibili di tregua. Anche se si tratterebbe di una tregua precaria, figlia dell’impotenza e non della convinzione di dovere andare avanti insieme, perché l’Italia non si può permettere scossoni in questa fase. Il gioco azzardato al quale si sta assistendo è quello di una corda tirata allo spasimo, senza mai spezzarla.
Il problema è che alla fine si potrebbe rompere senza che nessuno lo voglia. E il rimpallo di accuse preventive fra Pd e Pdl diventerebbe reale, sulle macerie dell’esecutivo. Giorgio Napolitano prova a farlo presente per l’ennesima volta. «Se non teniamo fermi e consolidiamo i pilastri della nostra convivenza nazionale tutto può essere a rischio», avverte il capo dello Stato. In realtà, le vibrazioni sono violente; e la minaccia di accentuarle pesa non tanto sulla permanenza del governo Letta ma sulla tenuta del Paese. Oggi si riuniranno i parlamentari del centrodestra.
E l’ex premier condannato in via definitiva dalla Corte di cassazione ha deciso, d’accordo col segretario del Pdl, Angelino Alfano, di non partecipare «per non dare adito a speculazioni».
Di fatto, sarebbe stata una sorta di assemblea di guerra.
I ministri e i sottosegretari del suo partito ieri avevano fatto sapere di voler consegnare le proprie deleghe nelle sue mani per protesta contro la decadenza. E questo gesto significherebbe comunque l’apertura virtuale della crisi.
Ma il proclama va riletto sullo sfondo di un eventuale compromesso. Lo sforzo affannoso è di evitarla, facendo slittare quanto più possibile il voto: operazione tutt’altro che facile o scontata. Un Pd in fase congressuale e punzecchiato dai grillini vuole dimostrare di non temere più Berlusconi; anzi, di poterlo sfidare.
Una parte non piccola del gruppo dirigente si muove senza escludere che Letta cada. La sensazione che comunque sarebbe difficile per il Pdl strappare al Quirinale lo scioglimento delle Camere e elezioni anticipate subito, rende la sinistra determinata a respingere quella che definiscono «la melina» per rinviare il voto della commissione delle Elezioni. Il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, scrive che se cade questo «governo di servizio» bisogna farne un altro per cambiare la legge elettorale. Ma uno scenario del genere significherebbe che la crisi si è già consumata. Mentre, nonostante tutto, il governo potrebbe sopravvivere: allo spericolato gioco al rialzo dei partiti.


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