“Troppi rom in classe”. E le mamme ritirano i figli
TORINO — «No, non si può mandare un bambino a scuola con tutti quei rom». È un pensiero che hanno avuto in tanti a Landiona, paese di 600 abitanti in provincia di Novara. E che in tanti hanno messo in pratica: «Abbiamo cercato di convincere i genitori a lasciare i figli nella nostra scuola elementare, ma molti hanno preferito iscriverli nel paese vicino», racconta il sindaco Marisa Albertini. Li hanno spostati a Vicolungo, dove le aule sono meno affollate di piccoli nomadi.
«I bimbi rom nelle elementari del nostro paese sono 25, ma quelli che frequentano sono molti meno. Gli italiani sono una dozzina», spiega la prima cittadina Albertini. E aggiunge: «Avevamo tentato di accorpare le classi con quelle di Sillavengo, altro paese della zona, per favorire l’integrazione, ma non è stato possibile ». Così mamme e papà hanno deciso di ritirare dalla scuola del paese i 12 bimbi italiani.
Intolleranza? Il sindaco si schermisce: «Non si dica che siamo razzisti, la questione è molto più complicata di quello che sembra. I 25 nomadi iscritti costituiscono solo uno degli aspetti che hanno spinto i genitori a spostare i figli. C’erano le pluri-classi e poi il destino della scuola pareva segnato». Anzi, aggiunge Marisa Albertini, «che non abbiamo pregiudizi lo dimostra il fatto che abbiamo sempre offerto loro il pranzo, visto che le famiglie non pagavano i buoni-pasto». La Lega Nord, nel dubbio, soffia sul fuoco: «Non accetteremo passivi le politiche di questo governo che mirano a farci diventare una minoranza a casa nostra», attacca il vicepresidente dei deputati Gianluca Bonanno.
Un caso molto simile accade pure a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, paese già noto perché due anni fa la scuola materna istituì una sezione tutta di stranieri. Ebbene, quei bimbi sono arrivati all’elementare e il problema si è ripetuto: «La dirigente ha creato due classi da 17 e da 16 alunni composte da soli stranieri», denunciano Sebastiano Campisi e Carmelo Cassalia della Flc-Cgil vicentina. E gli italiani? «Sono finiti in un’unica sezione — raccontano i due sindacalisti — che fa 27 ore di lezione più una di mensa: un modello orario creato per far sì che le famiglie italiane iscrivessero i propri figli in quella classe attraverso la procedura online».
Intolleranza o casualità, difficile distinguere. Fatto sta che gli episodi si moltiplicano. A partire da quello di alcuni giorni fa a accaduto a Costa Volpino, nel Bergamasco, dove i genitori dei bimbi italiani avevano ritirato i figli dalla scuola elementare lasciando soltanto i 14 alunni stranieri. In quel caso, però, dopo il clamore si è trovata una soluzione: la classe è stata trasferita in un’altra scuola del paese e i bambini sono stati divisi in due sezioni, ognuna con un numero di stranieri inferiore al 30 per cento.
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