Tav: larghe intese, larghi affari

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Nell’indagine sulla Tav di Firenze che ha portato in carcere Maria Rita Lorenzetti del Pd, spuntano “amici” di Massimo D’Alema, Marcello Dell’Utri, Angelino Alfano, Anna Finocchiaro e Gianni Letta. Uniti per spartirsi tutto. L’intreccio politico affaristico è svelato da una inchiesta de l’Espresso nel numero in edicola domani, da cui emergono molti punti inediti.

Negli ambienti giudiziari la chiamano «larga intesa degli affari» e accomuna, di fatto, esponenti politici di destra e di sinistra. Tutti insieme appassionatamente, in un gioco abilissimo e sotterraneo di nomi e prestanome: si palesano solo i volti di professionisti e tecnici, ma le loro ombre celano segretari di partito, ministri, presidenti di gruppi parlamentari, capi correnti, deputati e senatori. I pupari. E le marionette. Per muovere affari di milioni, velocizzare pratiche di appalti pubblici, approvare decreti per favorire imprese amiche, cambiare componenti di commissioni di vigilanza e authority. Di fatto, svuotare le istituzioni e piegare le regole democratiche in uno spoil system che genera un sistema viziato.

In scena c’è una “grosse koalition” tessuta da personaggi che si presentano come uomini di fiducia e consulenti di esponenti politici. Amici di Massimo D’Alema e Marcello Dell’Utri, Anna Finocchiaro e Angelino Alfano: pedine che garantivano il dialogo e le spartizioni tra ex fascisti ed ex comunisti.

Al centro di questo giro c’è un geologo siciliano del Pd, Walter Bellomo, arrestato dai carabinieri del Ros di Firenze: in passato ha fatto parte del Pci, e nel 1996 è stato segretario del Pds a Palermo ed ha tentato attraverso esponenti di vertice del Pd di entrare a far parte della giunta del governatore siciliano Rosario Crocetta. Bellomo è componente della commissione Valutazione impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, fondamentale per varare qualunque opera, per gli inquirenti il suo ruolo era strategico: facilitatore di appalti.

Accanto agli affari e alla divisione – trasversale – dei posti di potere emerge uno spaccato di politici attaccati alle poltrone e contrari ai tagli pubblici dei manager.

L’inchiesta de ‘l’Espresso’ svela come nel luglio 2012 l’allora presidente di Italferr, Maria Rita Lorenzetti era entrata in fibrillazione perché si ventilava il taglio dei posti dei cda nelle società parastatali.

Una persona molto vicina a Renato Schifani (all’epoca presidente del Senato) avverte della manovra del governo l’esponente del Pd, che con una laurea in filosofia sedeva al vertice di una società che gestisce appalti. Lorenzetti sembra nel panico e chiama subito il consigliere politico della senatrice Finocchiaro al quale espone “il pericolo” a cui vanno incontro: il taglio di manager nella pubblica amministrazione.

Il consigliere della Finocchiaro tenta di consolare Lorenzetti: «Ho parlato con Anna e ho due novità: uno che si interesserà personalmente con Schifani per sapere se questa cosa è vera, però lei non ne sa nulla. Sicuramente nel partito non c’è stata nessuna discussione e quindi non è una linea del partito. E’ una linea del governo Monti, di Bondi, il superconsulente di taglio delle spese degli enti pubblici. Il partito non ha fatto assolutamente nulla. Assolutamente non è niente di certo».

L’inchiesta integrale è su ‘l’Espresso’ in edicola da venerdì


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