Soldi ai partiti: per i privati tetto di 300 mila euro

by Sergio Segio | 27 Settembre 2013 6:01

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ROMA — Mentre intorno si scatena l’inferno, con minacce di dimissioni di massa, governo in bilico sul baratro e legislatura in forse, alla Camera si raggiunge un accordo politico sul finanziamento ai partiti. Può sembrare strano, ma per ora il clima di fuoco fuori dal Palazzo non ha contagiato gli ambasciatori di Pd e Pdl a Montecitorio e così l’esame degli articoli del ddl che abolisce i finanziamenti pubblici ai partiti ieri è andato avanti e approderà, salvo contrordini, martedì al voto finale della Camera (poi toccherà al Senato).
L’intesa è stata raggiunta sul punto più delicato di tutto il provvedimento, ovvero sul tetto ai finanziamenti privati, che dovrebbe impedire che gli imprenditori acquistino un’eccessiva influenza sui partiti. Nel testo iniziale il tetto non era previsto, ma alla fine è stato inserito. L’accordo prevede un sistema graduale: a partire dal 2014, i partiti potranno incassare fondi dai privati che non superino il 15 per cento massimo dei ricavi generali del bilancio. Questo tetto scende al 10 per il 2015 e al 5 nel 2016. Dal 2017, scatta il tetto massimo, che è stato fissato a 300 mila euro. Il Pdl, che non lo voleva, inizialmente aveva chiesto 10 milioni di euro, per poi scendere gradualmente. Il Pd, a partire dai renziani, premeva per 100 mila euro. Il compromesso, che vede d’accordo anche Scelta civica, prevede quota 300 mila. Ma il Partito democratico ottiene anche il ritiro dell’emendamento Brunetta, che introduceva una parziale depenalizzazione del finanziamento illecito ai partiti. Un successo, secondo Andrea Martella, che con Emanuele Fiano e Gianclaudio Bressa ha condotto le trattative: «Si sta per raggiungere un accordo positivo, con l’abolizione del finanziamento pubblico, la scelta dei cittadini su base volontaria e tetti per garantire che non ci sia nessuno che possa essere proprietario di un partito o della politica. Questo è un provvedimento qualificante dell’azione del governo, che il parlamento ha migliorato e su cui il Pd ha dettato condizioni».
La discussione ieri ha visto momenti aspri di confronto, tra dotte citazioni di costituzionalisti, da Costantino Mortati a Leopoldo Elia, a insulti. Contro tutto e tutti, i deputati a 5 Stelle, che vorrebbero un’abolizione tout court del finanziamento. Alessandro Di Battista ha definito il Pd «ontologicamente» simile al Pdl. Agli attacchi ha risposto Sel, con Nazareno Pilozzi: «Quelli che parlano di ladri e papponi sono gli stessi che poi vanno alla buvette a prendere il caffè con quei ladri e papponi». Bressa ha citato, parafrasandolo, il romanzo di Harper Lee: «Voi 5 Stelle siete alternativi alla democrazia: il buio oltre la rete». E Pina Picierno: «Siete tutti parenti, siete la parentopoli e ci fate lezione?». A microfono spento, il labiale registra la parola «vaffanculo».
Folclore e insulti a parte, tra i motivi del contendere c’è l’articolo 49 della Costituzione e la necessità, prevista dal ddl, per partiti che vogliano ricevere contributi, di avere una democrazia interna. Richiesta inaccettabile, per il 5 Stelle Andrea Colletti: «Le parole metodo democratico riguardano non le forme interne del partito, ma il concorrere a libere elezioni».
Alessandro Trocino

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