Sicilia, tramonto sul governo (di cambiamento)
PALERMO – Che lo sbandierato «modello Sicilia» con i Cinque Stelle pronti a fare da stampella governativa a Rosario Crocetta fosse una ripetuta iperbole dello stesso governatore s’era capito da tempo. Ma che il «sindaco dei siciliani» finisse per fare la «rivoluzione» tante volte annunciata senza il suo partito forse non se l’aspettava nessuno. Perché, dopo le polemiche e gli insulti delle ultime settimane, i big del Pd e la direzione regionale hanno messo alla porta Crocetta «per bigamia», come sintetizza ironico l’ex capogruppo all’Assemblea regionale Antonello Cracolici, ormai condividendo l’indicazione del segretario Giuseppe Lupo. E spiega: «Crocetta opera come un uomo solo al comando, non paga il Pd, ma fa lavorare i nostri dirigenti per il suo Megafono perché pensa che si possano avere due fidanzate».
Scatta così anche l’invito alle dimissioni per i quattro assessori virtualmente indicati dal partito, a loro volta pronti a replicare che non si sganciano dalle poltrone, almeno per il momento. Nel tutti contro tutti la Sicilia cade di nuovo in uno psicodramma che ricorda l’esperienza di Raffaele Lombardo, il governatore costretto l’anno scorso alle dimissioni perché sotto processo per (negati) aiutini alla mafia. Un epilogo dirompente al quale si giunse dopo due anni di conflitto fra lo stesso Lombardo e il Pdl che lo aveva votato. Stavolta con Crocetta si spacca l’intesa col Pd che lo sostenne l’anno scorso in campagna elettorale. Effetto di una legge elettorale che col voto diretto trasforma i governatori in «monarchi», forti della normativa per cui, in caso di sfiducia e dimissioni del presidente, decade istantaneamente l’intero Parlamento. E dei 90 inquilini di Palazzo Normanni nessuno vuole andare a casa dopo 11 mesi, anche perché la prossima Assemblea avrà 20 deputati in meno.
Adesso c’è chi rievoca le bordate di Claudio Fava, l’unico che a sinistra attaccava duro Crocetta: «È come Lombardo». Come tanti pensano a cose fatte. Ma lui si vanta di avere smantellato un business da 287 milioni l’anno, la cosiddetta «Formazione», dove fra gli enti mangiatutto figurano quelli capeggiati da un paio di dirigenti pd di Messina. E rilancia guardandosi intorno, da ogni parte, anche verso destra, pronto a ripetere di non avere mai chiuso il dialogo con le opposizioni, comprese quelle di centrodestra: «Io mi rivolgo al Parlamento e al popolo siciliano».
Così, giocando su più tavoli, con un po’ di compiaciuto strabismo politico, mentre assume Antonio Ingroia come manager di una società decotta, Crocetta tratta e premia Titti Bufardeci, Nello Dipasquale, Michele Cimino, tanto per citare tre degli ex sindaci e ex assessori vicini al Pdl e all’area di Gianfranco Micciché, lieto di una inattesa apertura arrivata ieri perfino dal leader del centrodestra Nello Musumeci, il candidato battuto l’anno scorso dallo stesso Crocetta che sfida e invoglia il governatore: «Venga in aula e dica qual è il nuovo perimetro della sua maggioranza, se ne ha ancora una… Vada al di là degli schemi di partito attorno ad alcuni punti prioritari e chieda la fiducia: solo così potrà sottrarsi a quelli che lui stesso chiama “ricatti” del suo partito».
Comprensibile che Lupo tema altri cambi di casacca, ma dovrà temere anche le insidie interne visto che dalla messa in mora di Crocetta si sgancia il renziano Davide Faraone, critico contro le scelte di «una direzione datata insieme con i suoi caminetti». Posizione forse precongressuale, contestata da Lupo e da Cracolici sconcertato dallo spettacolo di «una Sicilia dove ancora una volta va in scena una scorciatoia un po’ notabilare della politica, con uno che diventa presidente della Regione, pensa di fare un suo partitino e dividere il mondo in buoni e cattivi». Mentre il contropiede rischia di lasciare il vertice Pd col cerino acceso, ieri sera in Assemblea i big da Crocetta accusati di «poltronismo» un dispiacere però gliel’hanno dato. Bocciando le nomine dell’Irsap, il nuovo ente che raccoglie i consorzi industriali. Scelte sostenute su indicazione di Confindustria. Un connubio col governatore indicato come una lobby anche da settori pd. Altro fronte del conflitto. Con Crocetta assente, a Roma, dove però non riesce a farsi ricevere da Epifani, senza potere replicare all’accusa di bigamia.
Felice Cavallaro
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