Shalabayeva, denunciati i funzionari del Viminale

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ROMA — Con una mossa che solleva il caso Ablyazov dal torpore in cui giaceva da settimane, i legali della figlia del dissidente kazako detenuto in Francia hanno depositato in procura a Roma una denuncia per sequestro aggravato di persona e ricettazione contro tre diplomatici del Kazakhstan e contro non precisati funzionari del Viminale. L’esposto, corredato da due foto (una del documento della figlia di Alma Shalabayeva, l’altra scattata sulla pista di Ciampino il giorno del rimpatrio), arriva oggi sulla scrivania del procuratore capo Giuseppe Pignatone.
«Nel provvedimento — spiega l’avvocato di Madina, Astolfo Di Amato — accusiamo l’ambasciatore kazako a Roma, Adrian Yelemessov, il suo consigliere per gli affari politici Nurlan Khassen e l’addetto agli affari consolari, Yerzhan Yessirkepov». E chiedono però ai magistrati di individuare i funzionari del Viminale «che abbiano tenuto comportamenti contro la legge nella vicenda dell’espulsione della Shalabayeva e della figlioletta di sei anni Alua, perché siamo convinti che siano stati commessi abusi e omissioni gravi». Convincimento nato da quel cablo in cui l’Interpol di Astana chiedeva di “deportare” Alma, che pure non era mai stata oggetto di un mandato di cattura. E rafforzato dalla contabilità del tempo impiegato per espellere la moglie di Mukthar Ablyazov, dopo il blitz della polizia nella villa di Casalpalocco della notte del 28 maggio scorso: appena 66 ore. E 24 ore dal momento in cui è stato firmato il provvedimento della prefettura.
Khassen e Yessirkepov si vedono nella fotografia allegata alla denuncia, scattata dal pilota della compagnia privata austriaca Avcon Jet nel pomeriggio del 31 maggio, sulla pista di Ciampino. L’aereo riportò ad Astana Alma e la figlia, e nell’immagine parlano con tre uomini, forse poliziotti o funzionari del Viminale.
«Hanno organizzato l’espulsione illegale di mia madre — dice Madina Ablyazova, la maggiore delle quattro figlie del dissidente — Come può l’Italia permettere loro di continuare a godere della immunità diplomatica dopo che gli stessi hanno abusato pesantemente dei loro privilegi?». Ci sarebbe già un precedente, spiegano i suoi legali: quello di Abu Omar, in cui la Cassazione ha stabilito che l’immunità non può essere opposta in presenza di violazione dei diritti umanitari.
L’accusa di ricettazione è legata all’altra foto, molto recente, di Alua. L’immagine sul documento kazako utilizzato per l’espatrio, sembra uguale a quella del passaporto della Repubblica Centrafricana (la cui autenticità non è stata ancora provata). «Questo significa due cose — spiega Amato — o che sia la copia digitale della foto del passaporto centrafricano oppure che sia frutto dell’attività degli investigatori privati che hanno controllato casa della signora Alma. In entrambi i casi c’è un illecito: ricettazione o violazione della privacy ».
Stamattina Pignatone esaminerà la denuncia e valuterà se inserirla nel fascicolo già aperto a carico di ignoti dal pm Eugenio Albamonte, o se aprirne un altro ex novo.


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