Settimana mondiale dell’acqua. Dall’Ue aiuti per quasi 2 miliardi

by Sergio Segio | 5 Settembre 2013 16:12

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BRUXELLES – In occasione della settimana mondiale dell’acqua, che si celebra con una serie di eventi a Stoccolma e che si chiuderà domani, l’Unione Europea fa un bilancio su quanto è stato fatto per garantire l’accesso alle risorse idriche per i paesi in via di sviluppo. Secondo una nota della Commissione, molti sono gli obiettivi già raggiunti, ma dalla società civile si sottolinea come gli sforzi finora profusi a livello europeo non siano abbastanza, e come resti ancora tanto da fare.

L’esecutivo di Bruxelles rivendica come siano oltre settanta milioni di persone nei paesi in via di sviluppo ad avere a disposizione acqua potabile grazie agli aiuti europei stanziati fra 2004 e 2012, e più di ventiquattro milioni le persone che possono godere di migliori servizi igienico-sanitari.

Nell’Unione Europea, attualmente, circa nove persone su dieci hanno accesso all’acqua potabile.

L’Ue ha speso, fra il 2008 e il 2013, quasi due miliardi di euro per aiuti tesi a mettere a disposizione acqua potabile in sessantadue paesi. Sono inoltre centocinque i progetti con sostegno europeo in programma entro il 2015, che dovrebbero garantire l’accesso all’acqua ad altri otto milioni di persone in trentacinque Stati.

E se è vero che l’Obiettivo del Millennio che si proponeva di dimezzare, entro il 2015, le persone che non avevano accesso all’acqua potabile è stato il primo a essere ufficialmente raggiunto, è anche vero che restano ben 783 milioni di persone (l’11% della popolazione mondiale) che non ha accesso a questa risorsa vitale. Inoltre sono ben due miliardi e mezzo le persone che non possono usufruire di adeguati servizi igienico-sanitari, ed è stimato che entro il 2015 solo il 67% della popolazione mondiale godrà di tali servizi in maniera soddisfacente. Si è dunque ben lontani dall’obiettivo del 75% che l’Onu si era prefissato.

Gabriella Zanzanaini, direttrice affari europei dell’Ong Food and Water Watch, sottolinea che la strada da percorrere, sia a livello di Ue che globale, è ancora lunghissima e che non si stia andando nella giusta direzione: “La Commissione – spiega – ha appena tagliato i fondi per i progetti relativi all’accesso all’acqua nei paesi afro-caraibici ed è stata oggetto di critiche da parte della Corte dei Conti europea perché alcuni progetti portati avanti nell’Africa sub sahariana non si sono rivelati tanto efficaci quanto ci si auspicava. Inoltre, con le recenti misure di austerità, l’Unione Europea non riesce a garantire l’accesso all’acqua potabile per tutti i suoi cittadini in paesi quali la Grecia, la Spagna e il Portogallo, figuriamoci se si può vantare di quanto è brava a fornire aiuti destinati ai paesi in via di sviluppo”.

Un’altra sfida molto importante – conclude la Zanzanaini – è il ruolo che l’UE giocherà nella strategia post obiettivi del millennio che prevede i cosiddetti Sustainable Development Goals (SDGs): si batterà per mantenere l’accesso all’acqua come SDG specifico o preferirà l’approccio che prevede l’inserimento del problema delle risorse idriche come un aspetto di cui tener conto in diversi degli obiettivi?”.

E dalla federazione europea dei sindacati dei servizi pubblici EPSU, si sottolinea come l’accesso all’acqua e a servizi igienico-sanitari di qualità non sia solo una concessione che i governi dei paesi ricchi fanno ai cittadini dei paesi più poveri, ma un diritto umano inalienabile e uno strumento di democrazia, di partecipazione e di empowerment.

“In questo contesto – spiega Sakoto Kishimoto del think tank ambientalista Transnational Institute – particolare importanza rivestono i partenariati pubblico pubblico, ovvero quelle collaborazioni nelle quali diverse autorità locali o nazionali lavorano insieme per migliorare l’efficienza dei servizi che prestano ai cittadini. Sono questi tipi di partenariati ad aver dimostrato i maggiori risultati per quanto riguarda l’accesso all’acqua come diritto universale”. (Maurizio Molinari)

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