Scambio di Lettere Obama-Rouhani Spiragli di Dialogo con l’Iran
Messaggio irrobustito dal richiamo all’uso della forza nel caso che i mullah non accettino una soluzione sulla questione del programma nucleare. «Se non abbiamo colpito in Siria, non vuol dire che non possiamo farlo in Iran», ha avvisato il presidente. Al netto delle schermaglie, non c’è dubbio che Washington abbia cercato di aprire dei «canali» con Teheran. In passato e di recente. Nel mese di agosto il sultano dell’Oman Qaboos bin Said, in occasione di un viaggio in Iran, ha portato la lettera di Obama, quindi ne ha parlato con Rouhani e la Guida spirituale Alì Khamenei, l’uomo che ha una grande influenza su ogni scelta del potere. Poi gli scambi Usa-Iran sono proseguiti con l’azione dietro le quinte di alcuni diplomatici. Missioni più o meno informali che però hanno preparato il terreno per svelenire i rapporti. Al punto che nella lettera, secondo media vicino ai pasdaran, Obama avrebbe auspicato di «voltare pagina». Ovviamente a piccoli passi. Pochi giorni fa, sempre Obama ha sostenuto che l’Iran ha svolto un «ruolo costruttivo» sul tema delle armi chimiche in Siria. Le consultazioni sono proseguite attraverso un passaggio di missive, legate al conflitto siriano, tra Washington e il ministro degli Esteri iraniano Mohamad Zarif, un personaggio che ha conosciuto bene la realtà statunitense prima da studente — si è laureato in un college californiano — poi come inviato alle Nazioni Unite. Da Teheran hanno provato ad ammorbidire i toni verbali e in questo si inserisce il messaggio di auguri di Rouhani agli ebrei per la festa di Rosh Hashanah. Aperture seguite da una sparata virulenta di Khamenei, in chiave di custode dell’ortodossia, che però non toglie sostanza. Per alcuni osservatori è comunque ancora poco. Resta l’estrema diffidenza verso le vere intenzioni di Teheran, si sottolinea l’importanza del ruolo iraniano nel puntellare militarmente Assad (in modo diretto e con le milizie sciite), si ha paura che il pragmatismo di Rouhani sia svuotato dal radicalismo di Khamenei. Altri analisti ribattono: 1) È necessario coinvolgere di più Teheran nella ricerca di una soluzione politica in Siria; 2) È vero che l’Iran ha bisogno di Damasco, però il conflitto sta drenando risorse importanti in quanto gli iraniani finanziano l’alleato. In mezzo o sopra, a seconda delle interpretazioni, c’è la questione Israele, che vuole uno stop deciso al programma nucleare dell’Iran e agita il bastone del raid. Articoli hanno spostato la data del possibile blitz alla primavera. Tutti elementi noti a Washington che però vuole «vedere» le carte. Il momento può essere vicino. In occasione della prossima assemblea delle Nazioni Unite a New York. Varie fonti non hanno escluso un incontro tra Kerry e Zarif e c’è chi ha persino ipotizzato un colloquio Obama-Rouhani. Il presidente iraniano potrebbe anche vedere il ministro degli Esteri britannico William Hague per finalizzare la ripresa dei rapporti diplomatici interrotti dopo l’assalto all’ambasciata inglese. Sono ovviamente solo degli spiragli che però non bisognerebbe lasciar chiudere.
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