Riaprono gli stabilimenti del nord, gli operai tornano al lavoro

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TARANTO. Dopo due settimane di grande incertezza, lunedì i 7 stabilimenti della Riva Acciaio riapriranno i battenti e gli operai torneranno a lavoro. Questo il risultato della riunione durata oltre sei ore e svoltasi ieri presso il dicastero di via Veneto, presieduta dal ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, alla presenza del custode giudiziario Mario Tagarelli, degli istituti bancari e del management di Riva Acciaio. Stando al comunicato ufficiale del MiSE, alla fine a passare è stata la linea della magistratura tarantina. Sin da primo momento infatti, sia la Procura che il gip Patrizia Todisco, hanno sostenuto che somme di denaro, conti correnti, titoli, valori e «ogni altro rapporto bancario e finanziario facente parte di complessi aziendali» devono ritenersi beni compresi nel complesso aziendale «essendo destinati all’esercizio dell’attività di impresa, già svolta in forma individuale o societaria e proseguita dall’amministratore giudiziario». Sia i beni che i titoli devono essere gestiti unicamente dall’amministratore giudiziario e su di essi non è mai stato posto alcun blocco. «Diversamente risulterebbero impedite l’attività e la gestione imprenditoriali – con tutti gli adempimenti ad essa connessi – facenti capo all’amministratore giudiziario».
Soltanto all’amministratore giudiziario spetta gestire i soldi sequestrati al Gruppo Riva, compresi i pagamenti: «purché venga assicurata la prosecuzione dell’attività aziendale e salvaguardate le finalità del sequestro: le somme non possono essere reimmesse nel possesso della proprietà perché ciò equivarrebbe ad un dissequestro». Non è un caso se anche ieri lo stesso Tagarelli abbia ribadito la propria titolarità nella gestione dei beni sequestrati «nella prospettiva dell’incremento del valore del patrimonio in sequestro e nel rispetto di tutte obbligazioni pecuniarie assunte nei confronti degli interlocutori della società (dipendenti, fornitori, banche, Erario, enti previdenziali e locali, ecc.)». Per questo l’uso dei beni e della liquidità in sequestro dovrà avvenire nell’ambito di «idonee procedure di controllo e operative, che tengano conto delle dimensioni della complessità della struttura aziendale». Il decreto di sequestro dei beni del Gruppo Riva infatti, «non riguarda i crediti» vantati dallo stesso nei confronti dei clienti e “non è stata posta alcuna preclusione all’uso dei beni da parte del soggetto proprietario”. A fronte di tutto ciò, le banche hanno deciso la riapertura dei fidi e delle linee di credito. Era infatti questo il vero motivo per cui Riva Acciaio aveva deciso di chiudere gli stabilimenti del Nord, visto che il provvedimento del gip di Taranto altro non è stato se non l’estensione del sequestro per equivalente ordinato nello scorso maggio e per questo atteso da mesi dallo stesso gruppo Riva. Non è un caso se anche il MiSE sostenga come la riapertura degli stabilimenti sia stata resa possibile grazie a provvedimenti del gip di Taranto, con cui si è «garantita agli istituti bancari la possibilità di riaprire l’operatività bancaria con il gruppo, assicurando che i nuovi incassi non saranno oggetto di ulteriori sequestri e potranno invece essere utilizzati per il fabbisogno di continuità aziendale». Il che è assolutamente scontato, visto che il sequestro preventivo è in atto e prevede il congelamento di tutte le liquidità del gruppo da qui sino ad un eventuale nuovo provvedimento giudiziario. Nei prossimi giorni, il custode giudiziario e il gruppo Riva Acciaio studieranno un piano finanziario che possa garantire il proseguo dell’attività produttiva, fermo restando i confini stabililiti dal Gip.
Intanto Peacelink e Fondo Antidiossina Onlus (due tra le Ong che hanno supportato la Commissione Ue) hanno commentato positivamente la messa in mora dell’Italia da parte della Ue sull’Ilva: «L’Ue impone il rispetto del principio di ‘chi inquina paga’. Dalla procedura d’infrazione emerge l’inottemperanza del governo italiano, ma anche degli enti locali a questo principio per tutti questi anni».


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