Quel bacio in strada con il velo Una foto contro i divieti islamici

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Si baciano per strada sullo sfondo dei graffiti dell’Egitto rivoluzionario: lui con i capelli ricci e la felpa col cappuccio, lei col volto incorniciato dallo hijab, il velo islamico. Chissà se la foto di questi giovani egiziani diventerà un simbolo, come il bacio romantico davanti all’Hôtel de Ville fotografato da Robert Doisneau nella Parigi del 1950, o come quello tra il marinaio e l’infermiera a Times Square, di Alfred Eisenstaedt, icona della fine della Seconda guerra mondiale. Una cosa è certa: da quando l’attivista Ahmad El Gohary ha pubblicato l’immagine (anonima) su Facebook, oltre a ricevere decine di «mi piace», è stato bombardato da commenti furiosi: «È contro l’Islam!», «Andranno all’inferno», «Sono atei». In Egitto ci sono leggi sulla pubblica decenza contro questo genere di effusioni, anche se non sempre vengono applicate. «Ma potevano essere picchiati, e la ragazza poteva subire molestie sessuali», spiega al Corriere Ghada Abdel Aal, autrice del bestseller Che il velo sia da sposa (Epoché). «La cosa assurda è che, quando le donne subiscono molestie, nessuno interviene, ma se una coppia si bacia, allora è scandaloso». A risultare ancora più scandaloso è il fatto che la ragazza sia velata, perché «il velo si accompagna all’immagine di una donna modesta che non cerca di attirare l’attenzione degli uomini».
«Anche questa foto è un’icona di un’era, ma credo che sia ancora più rivoluzionaria di quelle occidentali», commenta Mansoura Ez Eldin, autrice del romanzo Oltre il Paradiso (Piemme). «È un bacio tra due ragazzi che sono stufi di tutte le restrizioni ed esprimono il proprio amore in pubblico. Dimostra che la gioventù della rivoluzione è diversa. E che il velo oggi può indicare molte cose: classe sociale, consuetudine, obbligo della famiglia. Non per forza una ragazza con lo hijab è conservatrice: e un giorno potrebbe trovare il coraggio di toglierlo».
Togliersi il velo è un fenomeno sempre più diffuso in Egitto, nota Ghada, che ha iniziato a indossarlo al primo anno di università, perché altrimenti le dicevano che era «una ragazza facile». «Molte delle mie amiche adesso lo stanno togliendo, e molte ne parlano. Ci sto pensando anch’io. E mentre baciarsi in pubblico — spiega — difficilmente diventerà “una moda” in Egitto, molte donne stanno sfidando le tradizioni in altri modi. Non tutte vanno in piazza a reclamare i propri diritti, lo fanno solo le più istruite. Ma ci sono studentesse e casalinghe di diverse classi sociali che sfidano le tradizioni andando all’università in un’altra città, oppure affittando un appartamento da sole, scegliendo mestieri considerati maschili, o togliendosi il velo. Anche se non abbiamo una portavoce né un movimento che ci riunisca, questi cambiamenti sono reali».
Sono fenomeni alimentati anche dalla delusione nei confronti dei Fratelli musulmani, concordano le due scrittrici. «Non erano solo un partito politico: si presentavano anche come interpreti del corretto significato dell’Islam — spiega Ghada —. Dopo averli visti governare in modo inetto e corrotto, liberare miliziani islamici dalle carceri, bandire le immagini di donne non velate dai libri di scuola, molti egiziani, i più giovani in particolare, hanno cominciato a non crederci più e ad ascoltare altre interpretazioni. Non vuol dire che siamo meno religiosi, ma che cerchiamo la verità dell’Islam. E se in passato, in moschea, le persone ascoltavano i predicatori senza fiatare, adesso trovi gente che interviene, li corregge, e si mette pure a litigare con loro».
Viviana Mazza


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  Carro armato a Hama – Foto: © crimenews.it

Il giorno del mio arrivo in Siria, durante il tragitto che conduce dall’aeroporto di Damasco al centro della città , conobbi il Presidente Bashar el Asad. Non di persona, naturalmente. Imparai a riconoscerne il volto, presente praticamente ovunque nei luoghi pubblici della capitale siriana. Dalle piazze, ai bar, agli uffici governativi, l’immagine a mezzobusto del Presidente è una costante. La più singolare che mi capitò di vedere era stampata a colori sulle tendine parasole di una Nissan grigio metallizzato parcheggiata lungo le mura della città  vecchia. Petto in fuori e divisa militare, sorriso e sguardo fiero, l’immagine di Asad sembrava controllare, attraverso l’abitacolo, ogni spostamento nelle sue vicinanze.

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