Nel Pdl colombe pronte alla battaglia E il partito ora rischia la scissione

by Sergio Segio | 29 Settembre 2013 7:13

Loading

ROMA — «È un colpo di mano di una banda di irresponsabili», sibila un esponente di primo piano del Pdl, colto di sorpresa dalla decisione di aprire la crisi di governo annunciata da Silvio Berlusconi dopo un pranzo tenuto ad Arcore tra lo stesso ex premier, Denis Verdini, Sandro Bondi, Niccolò Ghedini e Daniela Santanché. Non ce l’ha con il Cavaliere che si trova in una condizione particolare, il notabile ce l’ha con coloro che lo hanno spinto a compiere un passo che, teme, possa ritorcersi proprio contro il leader del centrodestra.
Le dimissioni dei cinque ministri hanno aperto una falla che difficilmente sarà richiusa nella nave del Pdl, perché per la prima volta il partito fondato e guidato dal Cavaliere rischia di esplodere. Sta, infatti, montando a tutti i livelli, in periferia come al centro, un movimento di insofferenza nei confronti dei cosiddetti falchi che, confessa un altro notabile ora messo in disparte, «sono minoranza nel partito ma hanno le leve del comando e le usano».
Che cosa questo possa provocare non è ancora chiaro. Al momento non si può prevedere, per esempio, se senatori e deputati appartenenti a questa corrente finiranno per votare la fiducia a Letta, quando il premier si presenterà in Aula per ottenere il chiarimento dopo la minaccia di dimissioni in massa da parte dei parlamentari.
Certo è che in parecchi, così si sente dire, sarebbero pronti a ritirare la lettera di dimissioni consegnata ai rispettivi capigruppo, a seguire cioè l’esempio di Alberto Giorgetti che lo ha già fatto, chiedendo un chiarimento ad Angelino Alfano.
Se ci sarà una deflagrazione del Pdl, come alcuni del Pd sono convinti possa succedere, è prematuro affermarlo. Quel che è evidente è che si è aperto un dibattito molto aspro. Ed è un evento del tutto inedito perché, per la prima volta, uno come Fabrizio Cicchitto sente il bisogno di criticare platealmente le modalità con cui si è arrivati a fare dimettere i cinque ministri. «Sarebbe stata necessaria una discussione approfondita negli organismi dirigenti e nei gruppi parlamentari», afferma l’ex capogruppo alla Camera ora presidente della commissione Esteri a Montecitorio. La sua messa a punto muove dalla considerazione che la scelta di Alfano, De Girolamo, Lorenzin, Lupi, Quagliariello è espressione di «una condotta cristallina scevra da ogni preoccupazione di potere, che ribadisce una netta distinzione dalla sinistra che anche in questa occasione si è assunta gravissime responsabilità, così come ho apprezzato la loro azione di governo». Tuttavia, ed è questo il passaggio di grande novità perché mai prima nessuno tra i dirigenti del Pdl si era permesso di sindacare le risoluzioni del Cavaliere. «Ritengo — afferma Cicchitto — che una decisione di così rilevante spessore politico avrebbe dovuto essere presa dall’Ufficio di presidenza del Pdl e dai gruppi parlamentari il cui ruolo in questa difficile situazione politica andrebbe esaltato». Cicchitto teme, tra l’altro,che un mancato coinvolgimento di deputati e senatori, potrebbe accentuare le tensioni già esistenti e favorire le defezioni.
Questa analisi, però, non convince affatto un ex ministro che, con la garanzia dell’anonimato, offre una diversa chiave di lettura. «Parliamoci chiaro — afferma con tono risentito — Cicchitto difende Alfano. Se Angelino, che è il segretario del partito è bene ricordarlo, avesse avuto gli attributi non avrebbe fatto la nota che ha fatto. Avrebbe chiesto a Berlusconi la convocazione degli organismi dirigenti, non avrebbe tollerato di fare il portavoce di decisioni che gli sono state comunicate a cose fatte senza essere stato minimamente coinvolto». Non solo. Avere lasciato la guida del partito, fa notare ancora l’ex ministro, ha consentito a gente come Verdini e Santanché di guadagnare, giorno dopo giorno, sempre più spazio.
La crisi svela tensioni che fino a questo momento sono state celate da un velo di riservatezza. Ora si manifesta apertamente l’irritazione delle cosiddette colombe. Sergio Pizzolante appartiene a questo gruppo e dà sfogo a questo stato d’animo. Basta con gli attacchi, sostiene il capogruppo pidiellino in Commissione Lavoro a Montecitorio, «a quanti hanno costruito nel Pdl una linea di responsabilità e buonsenso. Un lavoro teso a contrastare il rischio, mortale di isolamento del Pdl e di Berlusconi e a rafforzare la possibilità di dare al Paese un governo capace di affrontare una crisi gravissima». Il suo bersaglio sono Daniela Santanché e Giancarlo Galan, accusati di essere degli «irresponsabili perché vogliono andare subito alle elezioni». Io non ci sto, grida Pizzolante, «sono pronto a morire per Berlusconi e per questo ho firmato le mie dimissioni, come sono già morto una volta per Craxi, ma non ho nulla a che fare con la Santanché e con i figli di una cultura politica minoritaria e massimalista che rischia di distruggere la grande opera politica di Berlusconi: unire laici e cattolici, liberali e riformisti».
Lorenzo Fuccaro

Post Views: 182

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2013/09/nel-pdl-colombe-pronte-alla-battaglia-e-il-partito-ora-rischia-la-scissione/