Napolitano: scelte inquietanti. Il Pdl rilancia
ROMA — Dopo l’annuncio di dimissioni di massa dal Parlamento da parte del Pdl, il capo dello Stato Giorgio Napolitano interviene con durezza, definendo «inquietante» la decisione del partito di Silvio Berlusconi e stigmatizzando l’evocazione di un «colpo di Stato», giudicata «grave e assurda». E così in poche ore lo scontro diventa frontale e il governo si trova sull’orlo del baratro. Da New York il premier Enrico Letta annuncia un chiarimento nell’esecutivo, mentre nel Pdl i ministri Gaetano Quagliariello e Maurizio Lupi prendono le distanze dagli attacchi al Quirinale.
Le prime avvisaglie dello scontro si hanno di prima mattina, quando il capo dello Stato non si presenta a un convegno in Senato su Alcide De Gasperi. Al suo posto fa arrivare una lettera di scuse: «Ieri sera è avvenuto un fatto politico improvviso e istituzionalmente inquietante, a cui dedicare la mia attenzione». Il «fatto politico inquietante» a cui allude il capo dello Stato è la decisione dei parlamentari pdl di lasciare gli scranni in segno di protesta e solidarietà nei confronti di Silvio Berlusconi, che il 4 ottobre potrebbe essere dichiarato decaduto dal suo seggio. A fine mattinata, arriva la conferma dello scontro, con una nota ufficiale. Il presidente definisce «inquietante l’annuncio di dimissioni in massa dal Parlamento — ovvero di dimissioni individuali, le sole presentabili — di tutti gli eletti nel Pdl». Se avvenisse, scrive, «ciò configurerebbe l’intento, o produrrebbe l’effetto, di colpire alla radice la funzionalità delle Camere».
Uno scontro durissimo che arriva come una bomba sul premier Enrico Letta, a New York. Il presidente condanna l’evocazione del «colpo di Stato» da parte del Pdl e giudica «non meno inquietante» l’ipotesi che le dimissioni siano state decise «al fine di esercitare un’estrema pressione sul capo dello Stato per il più ravvicinato scioglimento delle Camere».
«C’è ancora tempo, e mi auguro se ne faccia buon uso — scrive il capo dello Stato — per trovare il modo di esprimere — se è questa la volontà dei parlamentari del Pdl — la loro vicinanza politica e umana al presidente del Pdl, senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni dei due rami del Parlamento». L’applicazione di una sentenza di condanna definitiva — prosegue la nota —, inflitta secondo le norme del nostro ordinamento giuridico per fatti specifici di violazione della legge, è dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto in Europa, così come lo è la non interferenza del capo dello Stato o del primo ministro in decisioni indipendenti dell’autorità giudiziaria».
Le reazioni nel Pd sono solidali con il capo dello Stato. Il capogruppo alla Camera Roberto Speranza esprime «fortissima condivisione rispetto alle parole del presidente, che è come sempre presidio fermissimo di democrazia e di tenuta del Paese». Concorda Stefano Fassina, per il quale «non c’è nessun colpo di Stato». Sulla stessa linea Scelta civica, come anche Antonio Di Pietro e Nichi Vendola.
Ma è il Pdl che si divide sull’atteggiamento da tenere. Tra i primi a smarcarsi dalla linea dura, c’è Gaetano Quagliariello, che parla in mattinata: «Ieri non abbiamo votato alcuna dimissione. Le dimissioni si danno, non si annunciano». Contro di lui, interviene subito Daniela Santanché: «Quagliariello era presente ieri e quindi credevo avesse capito che le dimissioni non le abbiamo annunciate ma le abbiamo già date». A conferma, in serata tutti i deputati pdl avevano già dato le dimissioni, mentre tra i senatori ne mancavano solo quattro. «Ma firmeranno presto», assicurava il capogruppo Renato Schifani.
Dopo l’intervento di Napolitano, arrivano i giudizi dei «falchi». Tra loro Sandro Bondi, che condanna parole che «suonano inevitabilmente come giudizi politici». Durissima Daniela Santanché, che parla di «toni arroganti»: «Il comunicato del presidente configura un’indebita interferenza del Quirinale. Non accetto lezioni di democrazia da un presidente che si sta dimostrando uomo di parte, arbitro non imparziale e minaccioso». Un comunicato congiunto dei capigruppo Renato Schifani e Renato Brunetta conferma la linea assunta: «Parlare di colpo di Stato non è inquietante, ma assolutamente realistico». Fabrizio Cicchitto conferma la sua stima al capo dello Stato, ma ricorda che «l’uso politico della giustizia configura una gravissima manipolazione della democrazia». Augusto Minzolini è altrettanto duro: «Inquietante la nostra riunione? Inquietanti sono gli interventi di Napolitano. Non siamo una Repubblica parlamentare». Ma Quagliariello non è l’unico ad avere dubbi sulla linea dura. Il ministro Maurizio Lupi si chiama fuori dalle accuse al Quirinale: «Ho un profondo rispetto per il presidente. Non condivido gli attacchi che sono stati fatti contro di lui, anche da miei compagni di partito».
Alessandro Trocino
Related Articles
Lo scontro generazionale nel Pd le quattro correnti dei giovani divisi dal sostegno a Renzi
Il reportage “La base parla solo di rinnovamento”
«Indagate il premier» Il Riesame libera Tarantini e la moglie