by Sergio Segio | 7 Settembre 2013 6:24
CITTÀ DEL VATICANO — «Il primo digiuno è quello di non mangiare gli altri». Un grande teologo e biblista come il padre gesuita Silvano Fausti arriva subito all’essenziale. Milioni di persone si preparano ad aderire oggi alla giornata planetaria di «preghiera e digiuno» per la pace «in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero» che dalle 19 alle 23 avrà al centro la veglia in San Pietro e la meditazione del Papa. Bergoglio si è rivolto anche ai cristiani non cattolici, ai fedeli di altre religioni e ai non credenti, fioccano le adesioni da tutto il mondo perché «la pace è un bene che supera ogni barriera, un bene di tutta l’umanità» come ripeteva ieri il Pontefice attraverso il profilo Twitter @Pontifex: «Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà!». Ai responsabili di Sant’Egidio ieri ha confidato: «Non è una mia idea, me l’ha ispirata il Signore nella preghiera».
Non si tratta semplicemente di non mangiare né può esistere una casistica delle cose da fare. «Il digiuno è sempre simbolico, è una purificazione — spiega padre Fausti — i nostri cinque sensi ingurgitano tutto, si tratta di digerire e creare uno spazio di interiorità, di trovare in sé la propria libertà interiore, di non divorare ma entrare in una relazione corretta e libera con le cose e con gli altri: ciascuno decide in coscienza ciò da cui astenersi, le cose che lo rendono schiavo o con le quali rende schiavi gli altri…».
Un gesto forte, per la Chiesa, che dice tutta volontà di trovare una «soluzione politica» e la preoccupazione per «ogni vana pretesa militare» (come scriveva Francesco a Putin e a tutto il G-20, «troppi interessi di parte» hanno impedito «l’inutile massacro cui stiamo assistendo») e un’escalation di guerra oltre la Siria. Una preoccupazione ripetuta ieri dall’arcivescovo Pietro Parolin, appena nominato dal Papa Segretario di Stato (entrerà in carica il 15 ottobre) ed esperto del Medio Oriente: «Sono in gioco l’equilibrio del mondo, la convivenza presente e futura di varie religioni e dei grandi gruppi etnici». Al settimanale della sua diocesi di Vicenza ha spiegato: «O andremo verso un mondo nel quale sapremo integrare le nostre differenze e farne occasione di crescita, o andremo verso la guerra totale». Lo dice anche il «ministro» degli Esteri Vaticano, l’arcivescovo Dominique Mamberti: «Se la violenza continua, non si avranno vincitori, ma solo sconfitti».
Anche un’autorità della Chiesa ortodossa come il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, ha raccolto l’appello del «fratello in Cristo, papa Francesco». Tra le altre, significativa l’adesione di Ahmad Badreddin Hassou, il Gran Mufti sunnita di Siria. Ciascuno decide in coscienza, al di là dalle appartenenze. Nel governo italiano, per dire, parteciperanno cattolici come il ministro della Difesa Mario Mauro e, in forma indiretta, una laica come il ministro degli Esteri Emma Bonino: «Aderisco alla iniziativa radicale», spiega, ovvero ai tre giorni di sciopero della fame voluti da Pannella «a sostegno del digiuno proposto da papa Francesco per la Siria».
Il panorama è vario, ci sono pure campioni dello sport come Federica Pellegrini. La Chiesa è mobilitata in tutto il mondo, un miliardo e duecento milioni di fedeli, dalle diocesi ai religiosi e alle 700 mila suore cui sono state chieste preghiere speciali. In San Pietro si comincerà rileggendo il testo dell’Angelus di domenica: «Guerra chiama guerra! Scoppi la pace! Mai più la guerra!». Le preghiere per la pace di quattro Papi — Pio XII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI — si alterneranno a letture bibliche e preghiere, da Isaia («Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri») al Te Deum .
Gian Guido Vecchi
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