“Mancati controlli sull’Ilva” Bruxelles procede contro l’Italia

by Sergio Segio | 27 Settembre 2013 6:05

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BARI — Tra un passato distrutto dalle troppe vittime, un presente sfregiato dai molti ammalati e un futuro in dubbio con tassi elevatissimi di sterilità, l’Unione Europea certifica il disastro ambientale di Taranto. Ieri la Commissione ha annunciato l’avvio di una procedura di infrazione a carico dell’Italia. «In seguito a diverse denunce provenienti da cittadini
e Ong, la Commissione ha accertato che l’Italia non garantisce che l’Ilva rispetti le prescrizioni dell’Ue relative alle emissioni industriali, con gravi conseguenze per la salute umana e l’ambiente» dicono. «L’Italia è inoltre inadempiente anche rispetto alla direttiva sulla responsabilità ambientale, che sancisce il principio “chi inquina paga”». Ora l’Italia, spiega il commissario Janez Potocnik, ha due mesi di tempo per rispondere. Altrimenti scatteranno
le procedure di sanzione con multe salatissime ai danni dello Stato. «La Commissione — spiega però il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando — ha apprezzato il lavoro del nostro Governo. La prima risposta sarà l’approvazione del nuovo piano ambientale: gli interventi di risanamento e di innovazione che i commissari stanno ultimando sono parte essenziale di questa risposta». «Spero che non siano soltanto buone intenzioni» risponde
però Potocnik, che ben conosce evidentemente i 20 anni di promesse mai mantenute della politica italiana per difendere Taranto dai veleni. A partire dalle due Autorizzazioni integrate ambientali rilasciate dal governo Berlusconi e da quella di Monti che avrebbero, secondo Bruxelles, disatteso le norme comunitarie. Su questo, indaga anche la procura di Taranto che proprio nelle scorse settimane ha sequestrato a Roma documenti al Ministero.
A esultare per l’apertura della procedura sono le associazioni ambientaliste: Bruxelles si è infatti mossa soltanto dopo a un lungo lavoro e a un accurato dossier presentato da Peacelink, con Antonia Battaglia, Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti che hanno lavorato per mesi alla messa in mora dello Stato italiano. Intanto, mentre il commissario Bondi promette la dismissione degli impianti più inquinanti a favore di altri a impatto molto più basso, a Taranto continua il braccio di ferro tra magistratura e famiglia Riva per la riapertura degli impianti fermi da quasi due settimane al Nord. La situazione è kafkiana, con la Procura e il gip che dicono di non aver mai ordinato il fermo degli impianti ma di aver tolto solo le somme dalla disponibilità della famiglia Riva per passarle in quelle del custode, e la famiglia Riva che invece giura di essere stata costretta a chiudere. In attesa di definire quindi la differenza tra sequestro e serrato, dovrebbe intervenire il Governo con un decreto ad hoc: il ministro Flavio Zanonato sostiene che è pronto ma il Consiglio dei ministri, traballante per motivi politici, non si è ancora riunito.

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“Mancati controlli sull’Ilva” Bruxelles procede contro l’Italia

by Sergio Segio | 27 Settembre 2013 6:05

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BARI — Tra un passato distrutto dalle troppe vittime, un presente sfregiato dai molti ammalati e un futuro in dubbio con tassi elevatissimi di sterilità, l’Unione Europea certifica il disastro ambientale di Taranto. Ieri la Commissione ha annunciato l’avvio di una procedura di infrazione a carico dell’Italia. «In seguito a diverse denunce provenienti da cittadini
e Ong, la Commissione ha accertato che l’Italia non garantisce che l’Ilva rispetti le prescrizioni dell’Ue relative alle emissioni industriali, con gravi conseguenze per la salute umana e l’ambiente» dicono. «L’Italia è inoltre inadempiente anche rispetto alla direttiva sulla responsabilità ambientale, che sancisce il principio “chi inquina paga”». Ora l’Italia, spiega il commissario Janez Potocnik, ha due mesi di tempo per rispondere. Altrimenti scatteranno
le procedure di sanzione con multe salatissime ai danni dello Stato. «La Commissione — spiega però il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando — ha apprezzato il lavoro del nostro Governo. La prima risposta sarà l’approvazione del nuovo piano ambientale: gli interventi di risanamento e di innovazione che i commissari stanno ultimando sono parte essenziale di questa risposta». «Spero che non siano soltanto buone intenzioni» risponde
però Potocnik, che ben conosce evidentemente i 20 anni di promesse mai mantenute della politica italiana per difendere Taranto dai veleni. A partire dalle due Autorizzazioni integrate ambientali rilasciate dal governo Berlusconi e da quella di Monti che avrebbero, secondo Bruxelles, disatteso le norme comunitarie. Su questo, indaga anche la procura di Taranto che proprio nelle scorse settimane ha sequestrato a Roma documenti al Ministero.
A esultare per l’apertura della procedura sono le associazioni ambientaliste: Bruxelles si è infatti mossa soltanto dopo a un lungo lavoro e a un accurato dossier presentato da Peacelink, con Antonia Battaglia, Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti che hanno lavorato per mesi alla messa in mora dello Stato italiano. Intanto, mentre il commissario Bondi promette la dismissione degli impianti più inquinanti a favore di altri a impatto molto più basso, a Taranto continua il braccio di ferro tra magistratura e famiglia Riva per la riapertura degli impianti fermi da quasi due settimane al Nord. La situazione è kafkiana, con la Procura e il gip che dicono di non aver mai ordinato il fermo degli impianti ma di aver tolto solo le somme dalla disponibilità della famiglia Riva per passarle in quelle del custode, e la famiglia Riva che invece giura di essere stata costretta a chiudere. In attesa di definire quindi la differenza tra sequestro e serrato, dovrebbe intervenire il Governo con un decreto ad hoc: il ministro Flavio Zanonato sostiene che è pronto ma il Consiglio dei ministri, traballante per motivi politici, non si è ancora riunito.

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