by Sergio Segio | 27 Settembre 2013 6:12
ROMA — Prima le donne, inchiodate all’unica immagine di vestali ai fornelli. Ora i gay, cancellati, dimenticati volutamente negli spot come se non esistessero. L’Italia del terzo millennio troppo spesso non abita qui, nella pubblicità. A provocare nuove polemiche e proteste infuocate, internazionali e sul web, è Guido Barilla, presidente dell’omonimo gruppo. Ora accusato di omofobia alimentare, al centro di richieste di boicottaggi della sua pasta mentre i concorrenti si sono lanciati in subitanee dichiarazioni “gay friendly”.
«Non farò mai uno spot con una famiglia omosessuale anche se sono favorevole alle nozze gay. Non per mancanza di rispetto ma perché non la penso come loro, la nostra è una famiglia classica dove la donna ha un ruolo fondamentale. E se non piace la nostra comunicazione mangeranno un’altra pasta». Le parole alla “Zanzara” su Radio 24 scatenano un putiferio, che valica i confini finendo su giornali e siti stranieri, dal francese Le Monde, al britannico Independent, all’Huffington post americano e spagnolo, fino al sito Canada.com.
In Italia, la politica si divide con la sinistra ad accusare l’industriale di omofobia e la destra, dalla Lega al Pdl, a difendere «la vera famiglia
» e il diritto di Barilla alle proprie opinioni.
Sul fronte dei movimenti omosessuali, Gaynet parla di omofobia alimentare e chiede il boicottaggio dei prodotti del Mulino bianco assieme all’Arcigay che lancia lo slogan: «Siamo tutti della stessa pasta». Mentre Franco Grillini accusa l’impresa di raccontare un mondo che non c’è più: «Se per comprare quella pasta ci si dovesse riconoscere negli spot della famiglia tradizionale, il 60 per cento degli italiani che vive solo o con i figli e senza marito o in coppia gay non potrebbe farlo».
Ma è in rete che si scatena la protesta, creativa, tra immagini, video e parole. Sono in molti a ironizzare e a pubblicare foto di cestini pieni di pacchi di pasta. Su facebook c’è chi scrive facendo il verso alla famosa campagna pubblicitaria «Omofobi, dove c’è Barilla c’è casa». Su twitter, dove viene creato l’hastag#boiccottiamobarilla si sprecano gli interventi comprese ironiche finte pubblicità: tra le più gettonate “No matter if you like farfalle or maccheroni just love” (Non importa se ti piacciono le farfalle o i maccheroni semplicemente ama). E c’è anche chi, nel giro di mezz’ora, gira un video ironico, con due ragazzi gay che si cucinano e mangiano estatici dei rigatoni Barilla prima che la frase «gay ingenui» e le parole del patron dell’azienda, chiudano il filmato.
Per Barilla è una giornata nera nonostante le scuse pomeridiane se «le mie parole sono state fraintese o hanno urtato la sensibilità di alcune persone». Critiche gli arrivano anche dal mondo della comunicazione: «Persino il Papa sull’argomento gay è stato più cauto», dice Annamaria Testa, pubblicitaria di esperienza che bolla l’uscita di Barilla come «un errore etico, un danno di immagine pesantissimo e uno sbaglio commerciale. Perché oltre al fatto che i gay sono tanti, ci sono madri, sorelle, parenti, figli, un mercato enorme. E chi non si sente rappresentato, come in questo caso anche rifiutato, non compra». Sulla stessa linea il sociologo dei consumi Vanni Codeluppi: «Le ricerche parlano di un 20 per cento della popolazione che sarebbe gay, in Usa fanno strategie di mercato mirate per conquistarsi questo segmento di mercato considerato ricco, colto, e molto propenso a spendere».
E spinti dall’onda di questi pensieri economici o forse da vero animo “gay friendly”, poco dopo le parole di Barilla altri concorrenti come Misura, Buitoni, e Garofalo scendono immediatamente in campo con comunicazioni ufficiali sui loro siti. «A casa Buitoni c’è posto per tutti» si legge. «Tutte le famiglie sono diverse a noi piacciono proprio per questo», scrive Misura costruendo coppie gay ed etero con i biscotti. In questa scia si inseriscono anche i concorrenti che sul social network postano la frase «Le uniche famiglie che non sono Garofalo sono quelle che non amano la buona pasta».
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