Maggioranze variabili La nuova insidia sulla strada del governo

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Sotto questo aspetto, Pd e Pdl mostrano tentazioni simmetriche. E sembrano seguire un istinto irresistibile a distinguere le proprie posizioni da quelle di un alleato che al fondo continua a essere percepito come un avversario, e dunque fa aumentare la frustrazione. L’asse fra il partito di Guglielmo Epifani e di Beppe Grillo nella commissione delle Elezioni e le immunità del Senato che deve pronunciarsi sul Cavaliere è significativo: anche se non è chiaro se la loro rigidità, oltre ad abbattere Berlusconi, punti anche a travolgere Letta. E il voto in commissione Giustizia di ieri sulla responsabilità disciplinare dei magistrati, promosso dal presidente berlusconiano Nitto Palma, che ha visto un’alleanza fra Pdl, Lega e Scelta civica, evoca una maggioranza alternativa. E il Pd contraccambia l’accusa di pensare a coalizioni diverse.
In realtà, è difficile che alleanze trovate su singoli provvedimenti possano trasferirsi sul piano nazionale senza affondare rapidamente: per motivi numerici e politici. Ma queste votazioni sono prove di rottura e insieme occasioni per sfogare i malumori di alcuni settori dei grandi partiti per un equilibrio che sta stretto a entrambi. Non solo. Gli ultimi episodi fanno pensare che finché continua la guerra verbale fra Pd e Pdl ma non si vota, non accadrà nulla. Arrivati al dunque, potrebbe succedere di tutto. Matteo Renzi, sindaco di Firenze e scettico verso un governo da lui ritenuto immobile e poco coraggioso, assicura che non ci sarà crisi perché non la vuole nessuno.
Eppure, le tensioni congressuali crescenti sono un oggettivo fattore di indebolimento e di logoramento di Palazzo Chigi: lo è l’accusa renziana a Letta di «preoccuparsi della seggiola» e non dei problemi dell’Italia, e le tentazioni di spezzoni del Pd di forzare la resa dei conti con Berlusconi. Ma pesano ancora di più i continui ultimatum che l’ex premier e i suoi ministri lanciano al governo, chiedendo stabilità e insieme minacciando la fine immediata della maggioranza se sarà votata la decadenza. Il fatto che il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ieri abbia negato la possibilità di un passo indietro berlusconiano per anticipare la decisione del Parlamento, accentua la precarietà della tregua raggiunta l’altra notte in Senato. Letta avverte: l’instabilità ci può costare miliardi di euro. E non si capisce ancora quanto possa durare un’agonia politica dalla quale nessuno uscirebbe indenne.


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