Lo scontro sui tempi rimette di colpo il governo in bilico

Loading

La durezza di Pd e Movimento 5 Stelle rende le divisioni più radicali. E nella mossa del leader del Pdl di riunire i suoi parlamentari domani si può anche intravedere l’oscura minaccia di scaricare sul governo di Enrico Letta un voto negativo, per quanto atteso. È difficile, tuttavia, non vedere una manovra al limite della disperazione in questi tentativi di rinviare quanto più possibile il verdetto parlamentare.
In apparenza, la prospettiva di una crisi non è scongiurata. E gli attestati di lealtà del centrodestra al Cavaliere restringono qualunque ipotesi di “tradimento”. Eppure, fra l’ipotesi di far franare una maggioranza che Berlusconi è stato il primo a promuovere, e la decisione di affossarla per protesta contro la sua incandidabilità vidimata dal Parlamento potrebbe aprirsi un mare di distinguo. Per sapere se la Corte europea dei diritti dell’uomo accoglierà il ricorso berlusconiano contro la sentenza della Cassazione bisognerà aspettare almeno tre o quattro mesi: troppo, per una sinistra determinata a chiudere la questione in tempi relativamente brevi.
Quella del Cavaliere viene considerata un’agonia politica che sarebbe inutile prolungare, perché il risultato sarebbe l’immobilismo dell’esecutivo. Ma soprattutto, il calcolo del Pd, azzardato o meno, è che le probabilità di una crisi siano minori di quanto si pensi; che in realtà anche in Senato esistano i numeri per una maggioranza alternativa a quella trasversale di oggi; e che, se si dovesse veramente arrivare alla conta, nello stesso Pdl si aprirebbe qualche varco perché nessuno vuole andare alle urne il prossimo anno. Fra l’altro, la leggera risalita dello spread, la differenza fra gli interessi di titoli italiani e tedeschi, suona come un ammonimento a Berlusconi a non tirare troppo la corda.
Per questo, si tende a leggere lo scontro nella giunta di Palazzo Madama come un copione in qualche misura dovuto e inevitabile. Le eccezioni presentate dal Pdl a difesa dell’ex premier saranno votate probabilmente stanotte o domani: senza spostare di un millimetro le posizioni, però. Il centrodestra continua a spedire ultimatum, avvertendo che se ci fosse un sì alla decadenza senza ulteriore discussione, la maggioranza non esisterebbe più. Il risultato, però, finora è solo quello di sentirsi respingere gli altolà come inaccettabili. Non si scambia la stabilità del governo con l’impunità di Berlusconi, replica un Pd che non può permettersi di apparire cedevole agli occhi del movimento di Beppe Grillo e dei militanti.
È una sfida che non consente comunque di essere ottimisti: si arrivi a una crisi o meno, gli schieramenti si preparano a un muro contro muro destinato a rendere ancora più difficile la vita del governo. L’ipotesi alla quale il Quirinale lavora sono elezioni anticipate non prima del 2015: dopo il semestre di presidenza italiana dell’Ue all’inizio dell’estate del prossimo anno. Fra l’altro, sarebbe la sola maniera per evitare di bloccare di nuovo l’evoluzione di un sistema che in quasi vent’anni ha funzionato male. Ma l’irritazione, perfino lo stupore per una sfida della sinistra che agli occhi del Pdl suona come provocazione, può produrre scarti inaspettati. La domanda è verso quali sbocchi Berlusconi cercherà di portare il suo partito; e quanti, sia in caso di rottura che di compromesso in extremis, saranno disposti a seguirlo compatti come nel passato.


Related Articles

Renzi attacca ancora Il gelo del premier: aspettiamo gennaio

Loading

ROMA — Per stile, per carattere e per strategia Enrico Letta resterà fuori dal «pollaio» delle fibrillazioni politiche e continuerà a concentrarsi sugli obiettivi di governo.

Mani Pulite e quei rapporti con il consolato degli Usa

Loading

Il viaggio organizzato dall’Information agency. Di Pietro: vedevo il diplomatico, ma mai svelato segreti Nel 1992, Antonio Di Pietro, allora pubblico ministero della Procura di Milano, si recò insieme all’ufficiale dei carabinieri Roberto Zuliani negli Stati Uniti per una decina di giorni Il Corriere della Sera scrisse che il magistrato di punta del pool «Mani Pulite» ebbe in quella trasferta fitti colloqui con gli uomini del Federal bureau of investigation e con alcuni magistrati federali. Incontri che Di Pietro smentì in modo categorico. Ufficialmente, il viaggio dell’allora magistrato fu organizzato dalla United states information agency (Usia) e dalla ambasciata statunitense a Roma

Un punto per la Procura Le parole del presidente «non sono irrilevanti»

Loading

PALERMO — Testimonianza ammissibile e non superflua, proprio come dicevano loro. Quindi ammessa. Per i quattro pubblici ministeri schierati sul banco dell’accusa — ieri la formazione era al gran completo: il procuratore aggiunto Teresi e i sostituti Di Matteo, Del Bene e Tartaglia — è un successo.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment