L’Ilva che volevo

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Guido Viale può leggere con profitto il testo integrale. «Il 4 agosto 2011 è stata rilasciata dal Ministro dell’Ambiente (Prestigiacomo), d’accordo con la Regione Puglia e gli Enti Locali, l’Aia per Ilva di Taranto, dopo un’istruttoria di 5 anni, con 462 prescrizioni».
«L’Aia è in larga misura distante, se non in contrasto, con la direttiva europea 2008/1/CE Integrated Pollution Prevention Control (Ippc). Infatti le prescrizioni non assicurano una valutazione integrata degli impatti delle attività produttive dello stabilimento; non tengono conto dell’aggiornamento di Best Available Techniques (Bat) per gli impianti siderurgici. I dati di base relativi allo stato dell’ambiente risultano almeno incompleti, e pertanto non sono rispettate le condizioni della direttiva che richiede come condizione preliminare la conoscenza dello “stato del sito su cui l’impianto sorge”.
Vale la pena ricordare che la direttiva è finalizzata in particolare a promuovere l’impiego delle migliori tecnologie disponibili in grado di assicurare contestualmente le produzioni industriali e la minimizzazione dell’impatto ambientale. E richiede che la procedura di autorizzazione abbia origine da una proposta dell’impresa e che l’amministrazione competente deve esprimersi in tempi certi in merito a tale proposta.
Queste condizioni non sono generalmente garantite nel nostro Paese perché: le imprese hanno considerato storicamente gli obiettivi ambientali un vincolo ed un costo piuttosto che un fattore di competitività; in molte regioni manca una base storica di dati condivisa sulla qualità dell’ambiente e della salute delle popolazioni; le amministrazioni e le imprese, nel caso di impianti esistenti, preferiscono tenere aperte le procedure di autorizzazione per tempi indefiniti (per Ilva tempi 10 volte superiori ai termini previsti per legge). In questo modo le amministrazioni “si coprono” dietro un conflitto ambientale con le imprese, mentre queste ultime possono continuare ad operare senza i vincoli dell’Aia.
Quello che è avvenuto con l’Aia del 4 agosto 2011 è lo specchio di questa situazione. Le 462 prescrizioni rappresentano l’esito di una procedura scarsamente motivata sul piano tecnico, e caratterizzata da un compromesso “politico” tra la resistenza dell’impresa ad assumere impegni in linea con le migliori tecnologie disponibili e le istanze degli Enti Locali e delle associazioni ambientaliste in gran parte non sostenibili sul piano della fattibilità tecnica e giuridica. Insomma, un “gioco delle parti” che ben rappresenta la distanza tra l’Aia del 4 agosto 2011 e la direttiva europea.
Da Ministro dell’Ambiente nel marzo 2012 ho disposto la revisione dell’Aia, e ho indicato l’esigenza di applicare da subito le Bat per la siderurgia individuate dalla Commissione Europea l’8 marzo del 2012 e che entreranno in vigore in Europa dopo il 2016… Dopo un’istruttoria di 6 mesi, il 26 ottobre 2012 ho rilasciato la nuova Aia con prescrizioni finalizzate alla rimozione di tutti i fattori di rischio individuati dalle perizie della Procura della Repubblica di Taranto nell’area a caldo dello stabilimento.
Le prescrizioni prevedono misure tecnologiche e gestionali che richiedono investimenti stimati tra 2,5 e 3 miliardi che devono essere attuati in un arco temporale massimo di 36 mesi.
Il 15 novembre 2012 Ilva ha accettato le prescrizioni e presentato il piano degli interventi per dare attuazione alla nuova Aia. In questo modo la procedura si è completamente allineata alla direttiva europea.
Il 26 novembre 2012 il Gip di Taranto, su proposta della Procura, ha disposto il sequestro dei prodotti finiti considerati “corpo del reato”… Ne è conseguito, se non un blocco, un forte rallentamento del programma di risanamento ambientale che ha messo a rischio sia le misure per la protezione dell’ambiente e della salute, sia la stessa continuità produttiva».
Voglio aggiungere che con il sequestro del 26 novembre la Procura ed il Gip hanno aperto un conflitto con l’Amministrazione. Conflitto che avrebbe dovuto risolversi con la sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile 2013, che ha pienamente riconosciuto la legittimità della azione dell’Amministrazione.
E invece il conflitto continua, ed il risanamento dell’Ilva è sempre più problematico.
E vale la pena ricordare che se si fosse seguita la via maestra indicata dall’Aia, oggi Ilva sarebbe un cantiere aperto per la realizzazione di interventi tecnologici e gestionali basati sui nuovi standard europei per la siderurgia adottati nel marzo 2012.
*ex Ministro dell’Ambiente


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