LEGGERE MARX A CALCUTTA NEGLI ANNI SESSANTA

Loading

Cominciarono a vedersi all’università di Udayan e in quella di lei. Ma ormai, anche se non si erano dati appuntamento, continuavano a incontrarsi. Lui varcava l’ingresso del Presidency e la guardava scendere la grande scala dopo una lezione. Si sedevano vicini lungo il colonnato pieno di striscioni dell’Unione studentesca. Se venivano pronunciati discorsi sul continuo aumento di prezzo dei generi alimentari, sulla crescita della popolazione, sulla mancanza di posti di lavoro, li ascoltavano insieme nel cortile interno. Quando si formava un corteo in College Street, Udayan portava Gauri con sé.
Iniziò a darle dei testi da leggere. Ai chioschi dei librai le comprò il Manifesto di Marx e Le confessioni di Rousseau. Il saggio di Felix Greene sul Vietnam.
Lei si rendeva conto di impressionarlo, non solo leggendo i volumi che lui le regalava, ma anche parlandogliene. Si scambiavano opinioni sui limiti della libertà politica e sull’idea che libertà e potere significassero la stessa cosa. Sull’individualismo, che portava alle gerarchie. Su com’era la società in quel momento e su come poteva diventare.
Gauri sentiva la propria mente farsi più penetrante, più attenta. Pronta a misurarsi con i meccanismi concreti del mondo invece di mettere in dubbio l’esistenza della realtà. Le sembrava di essere più vicina a Udayan nei giorni in cui non lo vedeva, mentre rifletteva su ciò che contava per lui. (…) Si separavano bruscamente: Udayan di colpo distoglieva l’attenzione da lei perché doveva andare da qualche altra parte. A una riunione, o a un incontro di studio, non glielo spiegava mai in modo chiaro. Non si voltava mai a guardarla, ma si fermava sempre in un punto in cui era sicuro che riuscisse a vederlo, sollevando una mano in un cenno di saluto prima di chiuderla a coppa per accendersi una sigaretta; poi Gauri guardava le sue lunghe gambe che lo portavano via, attraverso il campus, o dall’altra parte della strada larga e trafficata.
A volte le parlava dell’idea di viaggiare, di visitare uno dei villaggi in cui Gauri avrebbe potuto crescere se non si fosse trasferita in città. Villaggi in cui dopo Naxalbari, presumeva lei, la vita non era più pacifica.
Voleva conoscere meglio l’India, le diceva, come il Che aveva esplorato il Sudamerica. Voleva capire la situazione della sua gente. Voleva vedere la Cina, prima o poi.
Citava alcuni amici che avevano già lasciato Calcutta per vivere con i contadini. Lo capiresti, se mai dovessi fare una cosa del genere? le domandava.
Gauri sapeva che la stava mettendo alla prova. Che avrebbe perduto il suo rispetto se si fosse abbandonata al sentimentalismo, se si fosse dimostrata restia ad affrontare certi rischi. Per questo, anche se non voleva che Udayan si allontanasse da lei, anche se non voleva che gli succedesse nulla di male, rispondeva di sì. Senza di lui, tornava a essere consapevole di se stessa. Una persona a proprio agio soprattutto con i libri, che amava trascorrere i pomeriggi alla biblioteca del Presidency, riempiendo quaderni di appunti nella fresca sala di lettura dal soffitto alto. Ma dopo aver conosciuto Udayan, Gauri cominciava a dubitare di quella persona. Una persona che Udayan, con le sue dita tremanti, stava fermamente mettendo da parte e cancellando. E così lei iniziò a vedersi con più chiarezza, come attraverso una lastra di vetro da cui fosse stato tolto un sottile strato di polvere. (…) A parte il colorito, abbastanza scuro da essere considerato un’imperfezione, forse non c’era nulla che non andasse in lei. Eppure, ogni volta che si soffermava a riflettere su cosa rendesse unico il suo aspetto, lo disapprovava, giudicando il proprio viso troppo allungato, i lineamenti troppo severi. Avrebbe voluto poter cambiare, convinta che qualsiasi altra faccia sarebbe stata preferibile. Ma Udayan la guardava come se non esistesse nessun’altra donna in tutta la città. Gauri non dubitava mai, quando erano insieme, di esercitare un certo fascino su di lui. Che lui fosse felice di starle accanto, con la faccia rivolta verso di lei, lo sguardo che non vacillava neppure per un attimo. La volta in cui Gauri cambiò posizione alla riga dei capelli, lui se ne accorse e le disse che stava bene.
Un giorno, in uno dei libri che le aveva dato, Gauri trovò un biglietto con l’invito a incontrarsi al cinema. Per lo spettacolo pomeridiano, in una sala
dalle parti di Park Street. Aveva paura di andarci e di non andarci. Un conto era conversare sotto il colonnato e alla Coffee House, o fare una passeggiata fino a College Square per vedere i nuotatori nella piscina. Non si erano mai allontanati dagli immediati dintorni dell’università, dove potevano essere semplici compagni di studi, dov’era sempre ragionevole che fossero insieme.
Il pomeriggio della proiezione Gauri esitò, e finì per uscire così in ritardo da arrivare solo al momento dell’intervallo, nervosa e preoccupata che lui avesse cambiato idea o si fosse stancato di aspettarla, quasi lanciandogli una sfida a rinunciare a lei. Ma anche lui l’aveva sfidata a presentarsi all’appuntamento.
Era là, davanti al cinema, a fumare una sigaretta, tenendosi a distanza dai gruppi di spettatori già impegnati a commentare la prima parte della pellicola. Il sole picchiava forte e Udayan sollevò una mano mentre lei si avvicinava, inclinando il capo verso il viso di Gauri e formando un minuscolo baldacchino sopra le loro teste. Il gesto la fece sentire sola con lui, protetta in quella grande folla. Separata dal resto dei passanti, a galla sull’onda della città.
Non notò segni d’irritazione o d’impazienza sul suo volto nell’attimo in cui la scorse. Solo il piacere di vederla. Come se fosse certo che sarebbe venuta; come se sapesse persino che ci avrebbe pensato su, e si sarebbe presentata con quell’assurdo ritardo. Quando gli chiese cosa fosse successo nel film fino a quel momento, Udayan scosse la testa.
Non lo so, le rispose, porgendole il biglietto. Era rimasto tutto il tempo sul marciapiede ad aspettarla. Ad aspettare di essere con lei nel buio della sala per prenderle la mano.
© 2013 by © 2013 Ugo Guanda Editore (Traduzione di Maria Federica Oddera)
**********
IL LIBRO
La moglie di Jhumpa Lahiri Guanda (pagg. 426, euro 18), che qui anticipiamo, viene presentato oggi a Mantova alle 21.30
Tra gli ospiti di oggi a Mantova, Sam Kean, autore del Cucchiaino scomparso (Adelphi), che conversa con Marco Malvaldi alle 10.45; alle 11.30, Stefano Rodotà in piazza Castello interviene sulla “Narrazione dei diritti”. Mohsin Hamid è al Palazzo di San Sebastiano alle 14.30; alle 17, al Palazzo dell’Agricoltura, il reading di Paolo Nori. David Grossman ripercorre la sua carriera alle 18.30 in piazza Castello


Related Articles

Quei temi troppo belli per gli esami di maturità

Loading

UNA vera prova di maturità, un vero confronto con le paure e le speranze di una giovinezza che sta per lasciare il porto quasi sicuro della scuola e avventurarsi nel mare aperto e tempestoso della vita adulta: così mi suonano queste tracce su cui i nostri diciottenni hanno dovuto ragionare.

Della Peruta, il marxista innamorato di Mazzini

Loading

Franco Della Peruta, scomparso a Milano, era nato a Roma nel 1924, e da Emilia Morelli aveva appreso il rigore e la passione per gli studi storici, in particolare, quelli sull’Ottocento italiano, cui dedicherà  tutta la vita, anche come docente di Storia del Risorgimento all’Università  Statale del capoluogo lombardo.

Addio al “Pulitzer” Shadid il reporter della Primavera araba

Loading

Stroncato in Siria da un attacco di asma. Lo shock dei colleghi al “New York Times”Aveva appena 43 anni ma malgrado l’età  era ormai considerato un veterano 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment