Le preoccupazioni di Napolitano per la tenuta del governo Letta

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ROMA — Pensano, e sperano, che dietro l’accelerazione verso lo scontro finale ci sia una parte di bluff. Che nel calcolo costi-benefici sugli esiti delle continue minacce di crisi, prevarrà il buonsenso. Che la razionalità potrà imporsi sull’emotività e che si riesca a spegnere il fuoco sotto quella specie di pentola a pressione pronta a esplodere che sta ormai diventando l’alleanza delle larghe intese.
C’è insomma una preoccupazione mista a incredulità, al Quirinale, nell’osservare gli ultimi sviluppi della prova di forza sulla decadenza al Senato di Silvio Berlusconi. I maggiori leader del Pdl hanno confermato all’unisono di esser pronti «a qualunque battaglia». Fino alle estreme conseguenze, cioè fino al ritiro di tutti i ministri e parlamentari, così da annichilire il governo nel giro di pochi giorni. In un clima tanto surriscaldato, è logico che i timori del presidente della Repubblica si concentrino sul rischio che la situazione sfugga di mano a tutti, anche al di là delle reali intenzioni di chi agita le acque.
Inutile dire che la sfida lanciata dal centrodestra, materializzando l’eclissi dell’esecutivo e un ritorno al voto entro il 24 e 25 novembre, è un grande azzardo. Infatti, posto che, magari sulla base dei sondaggi, si confidi di sostituire alla condanna della Cassazione una sorta di sentenza del popolo (confidando che si riveli ampiamente assolutoria per Berlusconi), bisogna in ogni caso fare prima i conti con il Colle. Dove, come è stato fatto capire in mille modi, non si intende affatto chiudere la legislatura e rimandare il Paese alle urne se nel frattempo non sarà stata cambiata la legge elettorale. Ecco quindi l’ipotetico piano B di cui molto si parla. Ossia l’ipotesi che il premier, se davvero si arrivasse allo showdown del Pdl, possa essere rispedito dal capo dello Stato alle Camere, a cercarsi una fiducia che potrebbe essergli accordata da un gruppetto di dissidenti 5 Stelle, sommati a qualche «governativo» del Pdl cui potrebbero aggiungersi pure i nuovi senatori a vita.
Chiaro che un simile sbocco non entusiasma comunque Giorgio Napolitano. Specie in una fase allarmante come questa. Con l’altalena sui mercati e con una ripresa dell’economia che ancora non tocca l’Italia, per non dire del delicatissimo G20 in corso a San Pietroburgo, nel quale rischieremmo d’essere marginalizzati. Il nodo per superare il surplace che tiene sospettosamente bloccati i partiti è sempre lo stesso: l’agibilità politica del Cavaliere. Il capo dello Stato ha spiegato fino alla nausea regole, limiti e condizioni di un suo eventuale atto di clemenza (grazia o commutazione) sulla pena principale… clemenza invece tecnicamente impossibile su quella accessoria, che riguarda appunto l’interdizione dai pubblici uffici. Le cose stanno sempre a quel punto e, come racconta chi lo ha sentito di recente, «non si può pensare che ci possa essere una trattativa con il presidente su questo». Così, lui per il momento sta a vedere, pronto ad accogliere segnali in grado di chiamarlo in causa. Segnali che, tra l’altro, smentiscano gli aspri attacchi venutigli da alcuni giornali fiancheggiatori del centrodestra e che hanno fatto calare di colpo il gelo con Palazzo Grazioli.
In attesa dell’eterna mediazione di Gianni Letta, ambasciatore berlusconiano delle stagioni difficili, la partita adesso si gioca pertanto nel campo della politica. Dalla quale l’ex premier ha bisogno di guadagnare tempo, almeno per salvare il proprio orgoglio, oltre che la faccia. Tensioni che Napolitano ieri ha potuto sgombrare per un’ora, ricevendo tre dei quattro nuovi senatori a vita (Renzo Piano, Carlo Rubbia ed Elena Cattaneo) di ritorno dal Senato, dov’erano stati accolti bene. Simpatico il siparietto con Rubbia, che lo ha intrattenuto parlandogli delle prossime missioni su Marte («servirà un anno per l’andata e bisognerà aspettarne un paio sul pianeta rosso prima di poter tornare, per via dell’allineamento con la terra»), delle virtù di ogni ulisside che voglia esplorare il futuro («a muoverci è la curiosità, non la saggezza»), del clima («la metà di CO2 emessa dall’incendio di Roma appiccato da Nerone è ancora sopra di noi e modifica l’atmosfera»). Napolitano ha replicato spiegandogli come funziona il Parlamento che, ha detto, «non è solo l’Aula, ma soprattutto le commissioni: in passato, per non far arrivare nella fornace dell’aula disegni di legge che non fossero affinati ci si lavorava molto». È lì che li ha incitati a impegnarsi, scegliendo ciascuno il terreno più congeniale in cui dare il proprio contributo.
Marzio Breda


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