Le minacce incrociate evocano i fantasmi di uno strappo a breve

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E il Pdl reagisce con un irrigidimento simmetrico, chiedendo prima di cambiare alcuni membri della giunta dopo un’intervista del presidente, Dario Stefàno, che anticipa fra le proteste la linea dura della sinistra; poi invocandone addirittura lo scioglimento. Sono mosse ai confini della disperazione, ma da non sottovalutare.
Fanno capire che la filiera della trattativa si sta indebolendo, per la convinzione crescente di un epilogo inevitabile e forse difficilmente rinviabile troppo a lungo. Anche i rapporti col Quirinale appaiono più freddi, dopo le nomine dei quattro senatori a vita, criticate dai berlusconiani. Non è facile prevedere a che cosa porterà questa gelata. Di fatto, rilanciano le minacce di una crisi di governo: stavolta per bocca del capogruppo del Pdl al Senato, Renato Schifani.
Se dalla giunta delle elezioni del Senato dovesse arrivare «un voto politico che rispecchiasse le distinzioni delle forze in campo, sarebbe impossibile continuare nella convivenza» tra Pd, Pdl e Scelta civica, avverte. La caduta della coalizione guidata da Enrico Letta era stata ventilata dallo stesso Cavaliere qualche giorno fa, ma smentita il giorno dopo. Ora viene riproposta nel tentativo di piegare le resistenze di un Pd che non fa nulla per nascondere la volontà di arrivare all’esclusione di Berlusconi dal Parlamento in tempi rapidi.
È uno dei pochi argomenti sui quali il partito si mostra compatto. Rimane da capire se anche stavolta il centrodestra farà marcia indietro. L’invito del vicepremier e segretario del Pdl , Angelino Alfano, a non trattare il Cavaliere “da nemico storico” si salda alle parole del capo leghista Roberto Maroni, che descrive un Berlusconi “molto preoccupato” e “trattato dal Pd come Bettino Craxi“: il leader socialista che alla fine decise di fuggire in Tunisia, a Hammamet, dove poi morì. L’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, avverte che se il Pdl fa cadere Letta, toccherà al capo dello Stato, Giorgio Napolitano e al Parlamento trovare una soluzione che eviti elezioni immediate. Ma significa dare per scontata una rottura sciagurata, alla quale per fortuna non tutti sono rassegnati: almeno, non ancora.


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Quelli a disposizione oggi provengono dalle esperienze più disparate e sono spesso outsider, oppure sono venditori di speranze a buon mercato. Uno dei grandi problemi è il prezzo che tutti devono pagare alla spettacolarizzazione delle cose che fa scadere ogni “visione” in una affannata gestione del presente. Il discorso di Napolitano ha posto la questione della credibilità  di chi esercita il potere. Soprattutto in una fase di crisi della democrazia e di cambiamenti globali 

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