Le Grandi Navi in laguna e la Sovrintendente muta

Loading

Toc toc, c’è qualcuno? Macché, alla Sovrintendenza di Venezia, quando passano le Grandi Navi, non risponde nessuno. E si schierano ministri e fotografi, scrittori e governatori, molleggiati e sottosegretari, sindaci e consoli stranieri, bottegari e venditori di chicchi per i piccioni e insomma tutti meno lei: la Sovrintendente. Muta come Bernardo, il servo muto di Zorro.
L’architetto Renata Codello, probabilmente, lavora con i balconi chiusi. Perché pare impossibile che dalla sua finestra, a Palazzo Ducale, non le sia capitato di veder passare in bacino, davanti al naso, almeno qualcuna delle 654 grandi navi del 2011, delle 663 del 2012 e del mezzo migliaio circa (i conti finali si faranno più avanti) di questo 2013. Sabato, se si fosse affacciata, avrebbe potuto vederne una dietro l’altra: prima nave, seconda nave, terza nave, quarta nave, quinta nave… Eppure non sono difficili da vedere, quei bestioni da crociera. La «Divina» che è passata anche quel giorno, è lunga ad esempio 333 metri e cioè quasi il doppio di piazza San Marco e alta 67 cioè quanto il campanile dei Frari che svetta su Venezia secondo solo a quello di San Marco. Insomma, è lunga quattro volte e mezzo Palazzo Ducale e alta una volta e mezzo. Per capirci: l’avrebbe vista anche Mister Magoo. Lei no.
Sul tema, finora, hanno detto la loro in tanti. Ministri di centrosinistra come Andrea Orlando: «Venezia non è fatta per le grandi navi». Governatori di centrodestra come Luca Zaia: «È un’immonda schifezza, il problema va risolto: c’è un decreto che è chiaro e che dobbiamo applicare». Sottosegretari centristi come Ilaria Borletti Buitoni: «Si parta dallo stop immediato alle grandi navi e poi si ragioni su possibili alternative». E giù un diluvio di parlamentari di un po’ tutti i colori. E poi sindaci come Giorgio Orsoni che pur essendo tampinato da chi paventa danni inimmaginabili dalla perdita dell’indotto (tesi contestatissima da uno studio di docenti di Ca’ Foscari che sostiene che Venezia al contrario ci rimette) è sbottato: «Non si può affrontare il problema dicendo che si risolverà in qualche anno: bisogna risolverlo subito con proposte, magari in via transitoria, che consentono di limitare il passaggio di queste navi». E poi ancora celeberrimi fotografi come Oliviero Toscani, deciso a fare un libro zeppo di foto scattate dai cittadini «che possa descrivere al mondo l’enormità e la follia del passaggio delle navi nel Canale della Giudecca». Per non dire di Adriano Celentano, che dopo aver detto peste e corna del traffico in laguna di quei transatlantici ha comprato venerdì una pagina sul Corriere per dire: «Domani non sarà un bel giorno per il nostro Paese, anche se ci sarà il sole. Con l’ignobile sfilata delle 13 navi dentro la Laguna di Venezia si celebra l’Eterno Funerale delle bellezze del mondo». Perfino Paolo Costa, che scrisse un libro con Jan van der Borg teorizzando che Venezia può accogliere non più di 12 milioni di turisti l’anno ma oggi da presidente dell’autorità portuale difende il traffico crocieristico, ammette che «Venezia è sempre stata un porto e deve restare un porto ma l’inquinamento visivo causato da quelle navi spropositate, non lo nego, c’è». L’unica che non ha mai battuto un colpo è stata la Sovrintendente.
Anni fa, a dire il vero, un’intervista l’aveva data. Anzi, è ancora (youtube.com/watch?v=oVgzzsoDHBc) su YouTube: «Dobbiamo distinguere una seria analisi su un fenomeno come quello delle grandi navi da quello che invece è il luogo comune o il sentimento comune. È assolutamente vero che le navi sono aumentate di dimensioni e quindi sono edifici alti 15 piani di grande volume ma è anche vero che soprattutto quelle di ultima generazione hanno delle soluzioni tecnologiche di grandissima avanguardia. Nessuna nave entra nel canale della Giudecca coi motori accesi. Viene trascinata dai rimorchiatori e quindi la sua mole non crea autonomamente una serie di fenomeni meccanici in profondità». Sicura? I filmati… «Non ho visto le eliche ferme, non sono un subacqueo. Loro ci hanno detto che entrano con le eliche spente».
Pescano 8 metri e mezzo? Ma no, «sono grandi navi con chiglie pressoché piatte. Non hanno le eliche accese e non provocano grandi fenomeni di erosione. Sicuramente l’impatto chiamiamolo pure ambientale al momento del passaggio nella città può creare una sorta di ansia o di preoccupazione ma…». E qui, ignara della catastrofe che sarebbe successa al Giglio, si avventurò sull’abisso: «È vero peraltro che a queste navi non è mai successo niente». Di più: «Noi abbiamo verificato che molti dei difetti che queste navi potrebbero avere sono stati superati dall’alta tecnologia. Per esempio pochissimi sanno che queste navi non hanno più un pilota. È una tale cabina di Regia tecnologica che equivale quasi a un pilotaggio automatico…». Schettino permettendo, naturalmente… Diceva allora, la Sovrintendente delegata a difendere la più bella e delicata città del mondo, che era comunque presto per trarre conclusioni e la questione sarebbe stata studiata. Sono passati cinque anni. Andiamo a vedere l’archivio dell’Ansa? Incrociando le parole «Codello + Venezia + grandi navi» il risultato è: zero. Zero carbonella. O meglio, una notizia c’è: quella che il console francese Gérard-Julien Salvy era furente per i silenzi sulle navi della sovrintendenza. Muta come Bernardo anche sul raddoppio in vetro, cemento e acciaio dell’hotel Santa Chiara sul Canal Grande.
C’era una volta, a Venezia, una sovrintendente che si chiamava Margherita Asso. La chiamavano la Dama del No, la Sovrintendente di ferro, la Lady Margaret (Thatcher) della Laguna. Quando le presentarono la proposta di fare a Venezia l’Expo 2000 e uscì una immaginaria lettera dal futuro in cui l’architetto Emilio Ambasz diceva di divertirsi molto in una Venezia dove i padiglioni erano costruiti su chiatte e serviti da «tappeti volanti» tra isole artificiali, teatri galleggianti e raggi laser, disse solo: «Dovrete passare sul mio cadavere». E i tappeti volanti, a dispetto del ministro dei Beni culturali che era favorevole, non passarono. A proposito: Massimo Bray, di quelle navi, cosa pensa?
Gian Antonio Stella


Related Articles

LA VAL DI SUSA E LE NEW TOWN DELL’AQUILA

Loading

Che cos’hanno in comune la Tav in Val di Susa e le new towns berlusconiane che assediano L’Aquila dopo il terremoto? Che cosa unisce l’autostrada tirrenica e il “piano casa” che devasta le città ? Finanziatori e appaltatori, banche e imprese sono spesso gli stessi, anche se amano cambiare etichetta creando raggruppamenti di imprese, controllate, partecipate, banche d’affari e d’investimento. E sempre gli stessi, non cessa di ricordarcelo Roberto Saviano, sono i canali per il riciclaggio del denaro sporco delle mafie. Ma queste lobbies, che senza tregua promuovono i propri affari, non mieterebbero tante vittorie senza la connivenza della politica e il silenzio dell’opinione pubblica. Espulso dall’orizzonte del discorso è invece il terzo incomodo: il pubblico interesse, i valori della legalità .

Crolli, incuria e pochi fondi Il declino di Villa Adriana

Loading

Servono 2,5 milioni per i restauri. Stanziati 370 mila euro

Monnezza e massoneria, la «lavatrice» dei Casalesi era nella città di Licio Gelli

Loading

Schiavone rivela i rapporti tra camorra e logge.

E un’amicizia «forte» Il braccio era a Caserta ma la mente era ad Arezzo. E i rifiuti sversati nelle campagne tra Napoli e Caserta puzzavano di massoneria.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment