Iva, verso lo stop all’aumento Saccomanni: cerchiamo un miliardo

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ROMA — «I soldi per il rinvio dell’aumento dell’Iva li stiamo cercando e sono sicuro che alla fine li troveremo». In uno dei giorni più difficili per la strana maggioranza che sostiene il governo Letta, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni apre per la prima volta allo slittamento dell’aumento dell’Iva, chiesto con insistenza da mesi dal Pdl e, negli ultimi giorni, anche dal Pd.
A dare l’annuncio è stato lo stesso ministro dell’Economia intervenuto ieri sera a Otto e mezzo su La7, proprio mentre l’assemblea dei deputati del Pdl annunciava l’intenzione di dimettersi in massa con la decadenza di Silvio Berlusconi. «Per l’Iva stiamo lavorando per trovare le coperture e sarebbe un mio desiderio portare questo provvedimento al Consiglio dei ministri venerdì prossimo» (cioè domani) ha detto il ministro dell’Economia. Il miliardo necessario per far slittare l’aumento dell’aliquota Iva dal 21 al 22% dal primo ottobre almeno fino all’inizio di gennaio, ha aggiunto il ministro, arriverà essenzialmente da tagli alla spesa pubblica. Per esser più precisi «dai tagli alla spesa corrente di tutti i ministeri».
«Il ministro delle Finanze è per definizione in grado di trovare le risorse per finanziare i nuovi provvedimenti, ma deve tagliare la spesa o aumentare le tasse. La terza alternativa, seguita in Italia per molti anni, quella di scaricare le maggiori spese sul debito, non è praticabile» ha aggiunto Saccomanni, spiegando che prima del varo della legge di Stabilità, atteso il 15 ottobre prossimo, provvederà alla nomina del nuovo commissario alla revisione della spesa, che probabilmente sarà Carlo Cottarelli, attualmente al Fondo monetario internazionale, considerato un ottimo candidato dal ministro.
Per l’Iva, come per la seconda rata dell’Imu, problema che si riproporrà tra poche settimane, «bisogna fare delle scelte, ragionando sulle opzioni disponibili. Alcuni aumenti di tasse impattano di più su determinate categorie, così come certi tagli. Sono le forze politiche che devono fare queste scelte. Il mio compito, come ministro dell’Economia, è quello di fare proposte e facilitare un processo di convergenza sulle opzioni in campo» ha detto Saccomanni, senza rinunciare a dire la sua sull’Imu. Lo sgravio della prima rata, ha detto, «andava bene» nel contesto di una manovra tesa in quel momento a contrastare la tendenza della congiuntura. Mentre ora, ha aggiunto il ministro, è il momento delle scelte «strutturali», delle riforme.
La revisione della tassazione sugli immobili, secondo il ministro, dovrà svilupparsi dal 2014 «con l’istituzione di una nuova service tax». Senza alcun anticipo della riforma, con relativi acconti, nel 2013, come invece tendevano ad accreditare alcune indiscrezioni. Per quest’anno, dunque, i contribuenti finiranno di pagare la nuova Tares con la maggiorazione sull’ultima rata (30 centesimi a metro quadro, destinati all’erario) e la riforma arriverà dall’anno prossimo. Coprendo con aggravi di imposta su alcuni cespiti l’eventuale eliminazione o alleggerimento della tassa sulla prima casa. Sia la riforma dell’Imu che quella dell’Iva, ha confermato ieri Saccomanni, dovranno essere compensative. Ovvero non dovranno modificare il gettito atteso, e dunque il loro impatto sui conti pubblici.
La situazione resta molto difficile. «Margini di manovra non ce ne sono» ha detto Saccomanni commentando le nuove previsioni del Fondo monetario, che danno il deficit di quest’anno al 3,2% del prodotto interno lordo contro il 3,1% stimato pochi giorni fa dall’esecutivo, e che richiederà una manovra di rientro da 1,6 miliardi (probabilmente già domani). «Quelle del Fondo monetario sono previsioni, ma ho notato — ha detto il ministro — che spesso viene sottostimato l’effetto del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione che potrebbe spingere la crescita oltre il previsto. In ogni caso entro l’anno il governo avvierà le prime «dismissioni immobiliari» anche per ridurre il debito. «La vera tassa occulta — dice Saccomanni — che costa 1.450 euro l’anno a ogni italiano, neonati compresi».
Mario Sensini


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