by Sergio Segio | 25 Settembre 2013 14:13
TORINO – Abdel è un operaio di origine marocchina. Ha trent’anni e da più di venti vive in Italia. Ha sempre lavorato per aziende metal meccaniche, ma nel marzo del 2008 è stato assunto da un’impresa specializzata nella realizzazione e montaggio di strutture metalliche. Un giorno, ad appena un mese dall’assunzione, Abel è caduto da un tetto procurandosi fratture multiple, mentre lavorava ai lavori di copertura di un edificio destinato a diventare un salone polivalente. Matteo, 37 anni, lavorava invece per un’impresa funebre: mentre effettuava dei rilievi tecnici su una lapide in fase di completamento all’interno di un’edicola funeraria, è precipitato da due metri e mezzo di altezza all’interno del loculo, a causa di un cedimento improvviso nella pavimentazione di copertura. Oltre a una serie di lesioni, la caduta gli ha provocato una ferita a un’arteria del piede, che lo ha costretto a rimanere a casa per due mesi e mezzo.
Le storie di Abdel e Matteo, insieme a quelle di altri tre lavoratori, sono state raccolte dal DoRS, il Centro di documentazione per la promozione della salute della Regione Piemonte, e pubblicate online nell’arco degli ultimi due mesi. Non tutti, purtroppo, se la sono cavata con qualche ferita e un grosso spavento: c’è anche chi di lavoro è morto. Come Francesco, camionista e padre di famiglia, che ripulendo il cassone del suo veicolo ha urtato un cavo dell’alta tensione che lo ha folgorato, incendiando persino il tir. O come Mauro, operaio trentanovenne, sepolto da una frana del terreno durante la costruzione di un pozzo di approvvigionamento d’acqua in un impianto per il confezionamento del calcestruzzo. Come sempre, poi, c’è chi è rimasto gravemente segnato dall’infortunio, pur non avendoci rimesso la vita. È accaduto a Giacomo, un operaio specializzato che nel febbraio 2010 ha subito l’amputazione del braccio destro, rimasto impigliato in un nastro trasportatore durante i lavori in una cava nel vercellese.
Ricostruiti in dettaglio, gli episodi sono suddivisi in schede reperibili sul sito del DoRS: vi sono riportati nomi, date, località e soprattutto dinamiche degli incidenti, le quali evidenziano come spesso gli infortuni fatali si verifichino per l’assenza di banali misure di precauzione. Abdel ad esempio, è caduto perché la sua imbracatura non era a norma e perché nel cantiere in cui lavorava mancavano le strutture di sicurezza (le cosiddette “opere provvisionali”). Anche Francesco non ha perso la vita a causa di una sua distrazione: l’area in cui lavorava, un impianto di betonaggio nei pressi di Santhià (Vercelli), non presentava segnalazioni rispetto all’altezza dei cavi, non perfettamente idonea al passaggio dei Tir. Le schede informative che ricostruiscono gli incidenti possono essere consultate e scaricate dal sito del Dors, al seguente indirizzo: [1]http://www.dors.it/pag.php?idcm=5055[2] (ams)
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