In Norvegia hanno vinto i conservatori
Lunedì 9 settembre in Norvegia i conservatori guidati da Erna Solberg hanno vinto le elezioni politiche battendo i laburisti del primo ministro uscente, Jens Stoltenberg. I risultati non sono ancora definitivi, ma con il 76 per cento dei voti scrutinati i partiti di centrodestra hanno ottenuto 96 seggi, 11 in più di quelli necessari per avere una maggioranza. Stoltenberg insieme con i suoi alleati si è fermato a 72 seggi e ha annunciato che darà le dimissioni, come da tradizione, dopo la presentazione della legge finanziaria nei primi giorni di ottobre.
La conservatrice Solberg ha vinto e formerà probabilmente una coalizione tra il suo Partito Conservatore e il Partito del Progresso, ritenuto populista e che da tempo si batte contro l’immigrazione. Davanti ai suoi sostenitori, Solberg si è commossa e ha spiegato che “gli elettori hanno dato una storica e forte vittoria al centrodestra”. La prossima primo ministro della Norvegia ha 52 anni e sarà la seconda donna a diventare capo di governo dopo Gro Harlem Brudtland nei primi anni Ottanta. Tra il 2001 e il 2005, Solberg era stata ministro delle Amministrazioni locali nel secondo governo del cristianodemocratico Kjell Magne Bondevik.
Solberg ha impostato la campagna elettorale sull’economia, promettendo di diversificare le principali fonti di ricavo del paese. Buona parte dell’economia norvegese negli ultimi anni è stata basata sulle estrazioni petrolifere offshore, cosa che ha consentito alla Norvegia di subire meno la crisi economica internazionale, almeno nella sua fase iniziale. Ora l’economia è in difficoltà e non dà molti segnali di ripresa. Solberg ha attribuito la responsabilità al governo di Stoltenberg, promettendo di attuare nuovi piani di privatizzazione delle imprese pubbliche e di ridurre il carico fiscale sulle aziende per “dare loro respiro”.
Il problema più grande per Solberg, spiegano gli analisti politici, sarà contenere le esuberanze del Partito del Progresso, per la prima volta al governo. Il partito ha impostato la sua campagna elettorale sull’immigrazione e sulla necessità di abbassare il più possibile le imposte. Per poter governare Solberg avrà bisogno anche dell’appoggio di almeno uno dei due partiti di centro, tra il Partito Popolare Cristiano e il Partito Liberale, che però non hanno mostrato molto entusiasmo alla prospettiva di governare insieme con il Partito del Progresso. Hanno agende molto diverse su numerosi punti, dall’immigrazione al modo in cui spendere le risorse pubbliche.
In mancanza di un accordo con uno dei partiti di centro, Solberg potrà comunque formare un governo di minoranza, cosa che accade spesso in Norvegia. Complici le leggi che non prevedono il meccanismo delle elezioni anticipate, i governi di minoranza nel paese hanno di solito garantito una buona stabilità politica. Solberg ha annunciato che si riunirà entro la fine della settimana con i principali leader del Partito Conservatore per decidere insieme una strategia. I negoziati con le altre forze politiche inizieranno subito dopo in modo da avere il nuovo governo pronto in tempo per le dimissioni dell’attuale primo ministro Stoltenberg.
Il laburista Jens Stoltenberg ha governato la Norvegia tra il 2000 e il 2001 e poi a partire dal 2005, ottenendo due mandati alle elezioni. Durante il suo secondo mandato, ha dovuto affrontare e gestire le conseguenze degli attentati a Oslo e del massacro sull’isola di Utøya realizzati da Anders Behring Breivik, che uccise complessivamente 77 persone. A pochi giorni dall’attacco, tenne un discorso memorabile ai norvegesi sulla democrazia e sul loro futuro. Breivik fu per diverso tempo uno dei membri del Partito del Progresso, e anche per questo motivo il partito è stato spesso criticato per i toni con cui ha condotto le proprie campagne politiche.
foto: la conservatrice Erna Solberg durante la campagna elettorale (DANIEL SANNUM LAUTEN/AFP/Getty Images)
Related Articles
La rabbia degli “indignatos” che contagia l’Europa
Una rivoluzione sta sorgendo in Europa. Non è violenta, ma pacifica. Non aspira a conquistare il potere, ma contesta le logiche economiche che fanno del mercato una potenza cui i governi devono inchinarsi. Sebbene – detto in altri termini – non sappia quello che vuole, essa sa di non volere più il mercato re, questo monarca anonimo che coi suoi “timori” o la sua “fiducia” decide le sorti del mondo.
La guerra all’Iran è già cominciata
L’embargo imposto da Bruxelles sulle importazioni di petrolio iraniano è un duro colpo per Teheran. Le possibili reazioni della repubblica islamica sono varie, e un confronto militare non è da escludere.
Freddo e senza rimorsi il ritorno di Breivik sull’isola del massacro