Il partito della crisi aumenta le riserve di una Ue arcigna

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Ma è stata un’occasione utile a misurare gli umori dei partiti italiani verso uno degli uomini-simbolo dell’austerità; e a vedere le distanze fra il tentativo di scostarsi dai vincoli dell’Ue e i bruschi richiami alla realtà che arrivano dalle istituzioni europee. Ma per quanto il governo rischi un ulteriore logoramento, una crisi appare inverosimile.
Semmai, colpisce l’insistenza con la quale esponenti del Pd e del Pdl tendono a minacciarla e a evocarla, e passano in rassegna possibili coalizioni future. Lo facciano o meno per spaventare gli avversari, l’effetto è negativo. Sembra quasi che il «partito della crisi», per quanto virtuale, non si renda conto della sensazione di precarietà trasmessa da queste simulazioni. Il primo è quello sui mercati finanziari che debbono finanziare il debito pubblico italiano; il secondo, strettamente collegato al primo, su prospettive di ripresa già aleatorie.
Rehn è stato accolto dalle critiche ruvide di alcuni esponenti del Pdl. Lo stesso vicepremier, Angelino Alfano, ha ironizzato su un’Europa «col ditino alzato» nei confronti di un’italia che sta compiendo sacrifici enormi. Parole subito bilanciate dall’ex premier, Mario Monti, che si è affrettato a esprimere solidarietà a Rehn; e dall’accoglienza di Fabrizio Saccomanni.
Il ministro dell’Economia sarebbe riuscito a convincere l’arcigno commissario finlandese che la copertura finanziaria degli ultimi provvedimenti del governo c’è: a cominciare dal più controverso, l’abolizione dell’Imu, che ha richiesto una sorta di doppia garanzia nel caso le entrate non fossero sufficienti. Ma tutti sanno che l’incognita principale rimane quella politica. La lotta congressuale del Pd fa emergere in modo sempre più netto una componente ansiosa di abbandonare la coalizione delle larghe intese: nonostante questo significhi una maggioranza alternativa evanescente e la prospettiva quasi certa di elezioni nel 2014.
Il videomessaggio annunciato da Berlusconi promette di dare un altro scossone, anche solo se fosse confermato che contiene attacchi alla magistratura. Arriva insieme all’archiviazione del Pdl e la resurrezione di Forza Italia, il partito degli esordi del 1994. Ma con una probabile divisione dei compiti che vedrebbe i «falchi» alle redini di Fi, e le «colombe» al governo. L’equilibrio si preannuncia precario: potrebbe funzionare, o rendere Palazzo Chigi prima ostaggio e poi vittima di chi lavora da tempo per il voto anticipato: magari rivendicando i risultati raggiunti in questi cinque mesi come biglietti da visita da sventolare sulle macerie del governo.


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