IL CAVALIERE DIMEZZATO
Che la sua uscita dal Parlamento, ossia la sua decadenza, ormai non è più in dubbio. E che l’esecutivo guidato da Enrico Letta per ora può andare avanti ma la sua scadenza è segnata dalla sostanziale fine di questa strana alleanza, ossia le larghe intese. L’orizzonte in cui si muove la nuova Forza Italia, infatti, è quello delle elezioni anticipate nella prossima primavera.
Aver accettato la prospettiva di abbandonare il Senato è dunque il mattone che regge l’intero impianto di questo intervento. Un discorso in cui il tratto della disperazione detta tutte le conseguenze. Sull’attuale governo, sul Pd e anche sul Pdl. Palazzo Chigi e il partito cui appartiene Letta rischiano infatti di ritrovarsi ancor più schiacciati dal peso di una coalizione innaturale. Il Cavaliere non rompe sulle sue vicende giudiziarie, non provoca la crisi sulla giustizia, ma ordina ai suoi ministri di creare le condizioni per determinare una frattura sulla politica economica. Ordina così ai suoi ministri di mettere a punto provvedimenti contro il “bombardamento fiscale”. Come se fino ad ora tutte le misure non fossero state condivise e mettendo nell’oblio della propaganda la circostanza che il centrodestra ha governato il Paese per 12 anni degli ultimi 19. L’effetto? È molto semplice. Il premier dovrà fare i conti da oggi in poi con una sorta di opposizione interna al suo governo. Con gli uomini di Forza Italia pronti a contestare la linea di Palzzo Chigi e dell’Economia. A cominciare dall’aumento dell’Iva. E se la prossima legge di stabilità avesse bisogno di rimediare la scelta di cancellare l’Imu per arrivare anche quest’anno al 3 per cento nel rapporto deficit/Pil, gli uomini del Cavaliere faranno di tutto per boicottare qualsiasi soluzione “europea” e per cavalcare la campagna demagogica anti-tasse e anti-Bruxelles. Il Partito democratico e lo stesso Letta si ritroveranno a doversi difendere dall’alleato e a evitare di rimanere schiacciati su una linea “seria” ma impossibile da spiegare. Ingabbiato nella necessità di fare l’elogio del fisco mentre il centrodestra prepara già la campagna elettorale al grido “basta tasse”. A difendere il ministro dell’Economia Saccomanni mentre l’alleato riluttante ne minerà alla base la sua credibilità a Bruxelles. Una situazione che potrebbe appunto già prendere corpo la prossima settimana, quando il presidente del Consiglio potrebbe annunciare l’impossibilità di non aumentare l’Iva e quando il Consiglio dei ministri varerà la legge di stabilità.
Per il Pd c’è una difficoltà in più: è anche costretto a interrogarsi sulla sua capacità di reggere il patto con un interlocutore che parla di democrazia dimezzata attaccando i magistrati, che mina il sistema utilizzando le sue condanne passate in giudicato. E che chiama alla rivolta i cittadini.
Il punto è che in questo modo Berlusconi continua a bloccare l’intero sistema politico. Decade ma resta al suo posto, non apre la crisi di governo ma lo logora dall’interno. E di fatto si ripresenterà alle prossime elezioni come “capo della coalizione”. Rendendo di nuovo non contendibile il centrodestra italiano che non riesce a evolversi in uno schieramento di stampo europeo. In questo modo blocca qualsiasi sviluppo embrionale di un gruppo moderato. È stata nuovamente distrutta anche solo l’ipotesi che le “colombe” del Pdl germinassero un partito realmente moderato e non populista. Ha schiacciato ogni possibilità di ricambio al vertice del centrodestra. Decaduto o meno, sarà lui a comandare. E ora proprio nel suo partito scatterà la gara a chi sarà più berlusconiano in una sorta di consapevole metamorfosi che muta tutti in falchi. A cominciare dai ministri che dovranno dimostrare di essere fedeli. Il nucleo della nuova politica berlusconiana sarà ancora più evidente quando a dicembre emergerà l’esigenza – se la Consulta dichiarerà incostituzionale il Porcellum – di cambiare la legge elettorale. Farà di tutto – ritrovandosi paradossalmente in asse con Grillo – per scansare ogni riforma che tocchi il cuore del sistema inventato da Calderoli. Il Cavaliere è dimezzato dalla decadenza ma tenta di congelare il Paese in una sorta di gigantesco freezer politico.
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