I socialdemocratici ripartono dalla ricca e colta Amburgo

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AMBURGO — Istrionico e brillante, Peer Steinbrück prova a scaldare gli animi depressi del popolo della Spd. Sono accorsi a centinaia mercoledì sera, nella Domplatz di Amburgo, fra banchetti di würstel e birra. Le battute del candidato alla cancelleria, che fa la caricatura della Merkel e promette giustizia sociale, medicano la rassegnazione per una sconfitta annunciata. La speranza è che la mobilitazione dei militanti e l’eccezionale propaganda porta a porta ne riducano le proporzioni. La soglia del 30 per cento sarebbe già una vittoria.
In un decennio, la Spd ha perso dieci milioni di voti. La base popolare è stata erosa dall’astensionismo (il 40 per cento dei giovani non vota) e da Die Linke, l’estrema sinistra ex comunista, che guadagna consensi fra lavoratori e pensionati, soprattutto nei Länder orientali, dove — un ventennio dopo la caduta del Muro, nonostante colossali investimenti — il livello di vita resta inferiore. La Spd seduce sempre meno intellettuali, giovani e ceto medio, spazio conquistato dalla Cdu e dal carisma personale di «Mutti Angela». La «mamma di tutti i tedeschi» ha invaso con successo anche il campo degli ambientalisti, dei diritti civili, del sociale. Il 70 per cento dei tedeschi è soddisfatto della situazione economica. Perché dovrebbero cercare alternative?
«La cancelleria ha capitalizzato i risultati positivi dell’Agenda Schröder, mentre la Spd è stata punita per le conseguenze sociali delle riforme, l’allargamento delle aree di povertà e precariato. Inoltre, quanto più Frau Merkel viene criticata nel resto d’Europa, tanto più la maggioranza dei tedeschi la sostiene», analizza il professor Oliver Strijbis, facoltà di Economia dell’Università di Amburgo. L’aritmetica politica della Spd non è molto lontana da quella dei partiti riformisti europei: fuga a sinistra dell’elettorato popolare, disillusione dei giovani, populismo antieuropeo, ambivalenza di programmi rispetto alle questioni economiche, le sole al centro di dibattiti senza passione. Può sembrare dunque paradossale che la riscossa sia partita dalla città più ricca ed elegante della Germania. I prezzi delle case in centro sfiorano i diecimila euro al metro quadro, le vetrine «grandi firme» luccicano come a Londra e a Parigi, il terzo porto d’Europa dà profitti e lavoro. Certo, Amburgo è anche la città di Helmut Schmidt, la capitale delle imprese editoriali e dei giornali più influenti, della piena occupazione. «Amburgo è sempre stata la fabbrica delle idee per la socialdemocrazia. Un modello d’integrazione e tolleranza, di attenzione all’ambiente e alle questioni sociali. Qui la passione politica si è combinata con la tradizione protestante. Qui le ferite della riconversione sono state rapidamente riassorbite», spiega Stefan Voigt, professore all’Istituto di studi economici e diritto.
Tuttavia, anche qui, per un decennio, fino al 2011, la lunga tradizione socialdemocratica è stata clamorosamente spezzata a favore della Cdu. E può sembrare paradossale che l’artefice della rivincita sia stato uno dei più convinti sostenitori dell’Agenda Schröder, il borgomastro Olaf Scholz, ex ministro del Lavoro nella Grande coalizione, considerato il futuro candidato alla cancelleria, quando il partito dovrà fare l’inventario della crisi e il congresso.
Scholz, 55 anni, ha conquistato la maggioranza assoluta alle elezioni municipali del 2011. Merito anche del fatto di essere cresciuto ad Amburgo e di essersi radicato nella vita politica della città anseatica. Dice: «Le difficoltà della Spd hanno molte cause, ma vorrei correggere l’impressione del declino inarrestabile. La Spd è in ripresa in tutta la Germania, non solo ad Amburgo. Ha vinto diverse elezioni regionali, è al governo nelle principali città, è il partito di maggioranza al Bundesrat. Il risultato di domani non è scontato come dicono i sondaggi. I cittadini comprendono la differenza di valori con la Cdu, anche se abbiamo condiviso responsabilità di governo e provvedimenti economici e riforme strutturali. Noi continuiamo ad avere al centro della nostra visione il lavoratore e le garanzie sociali. La flessibilità deve offrire riqualificazione professionale e una seconda possibilità di realizzazione per ciascuno».
Scholz non condivide l’analisi che la crisi della Spd sia la conseguenza dell’Agenda Schröder. «L’economia e il nostro sistema sociale avevano bisogno di riforme in profondità. Lo abbiamo fatto con pragmatismo, senza nostalgie ideologiche, con l’obiettivo di rilanciare il Paese, mettere in ordine i conti pubblici, creare sviluppo e occupazione. Durante la grande crisi del 2008-2009, la decisione di introdurre il “kurz Arbeit”, il lavoro a orario ridotto, ha salvato molti posti e permesso alle imprese di riorganizzarsi più in fretta. La Germania ha mantenuto le proprie industrie sul territorio e aumentato l’esportazione di prodotti di alta qualità. Produttività, innovazione, sicurezza sociale, stabilità finanziaria sono le basi del modello tedesco, ma anche la più seria prospettiva per l’Europa. Resto convinto che la crescita e la sicurezza sociale non si garantiscono facendo debiti, ma con la stabilità economica del sistema. Non ci sono alternative. Il debito non è la soluzione. Naturalmente occorre una più efficace politica sociale, come stiamo facendo qui ad Amburgo. Scuole, case, asili: di questo ha bisogno la Germania di domani, anche per favorire la crescita demografica».
Il candidato Steinbrück dice che non parteciperà a un governo di Grande coalizione e va ripetendo nei comizi l’idea di aumentare la tasse sui redditi più alti. Secondo alcuni commentatori, non viene così esclusa un’alleanza con Verdi e con Die Linke. Ma è un’ipotesi che il sindaco di Amburgo esclude a priori. «Ci sono troppe cose che ci dividono dall’estrema sinistra. Politica estera, Nato, Europa, riforme economiche e strutturali, spesa pubblica: non potremmo andare d’accordo su nulla». Quindi Grande coalizione, come auspica la metà dei tedeschi? «Noi ci battiamo per una coalizione rosso-verde, con Peer Steinbrück cancelliere».
Massimo Nava


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