I segnali da cogliere e la frenata degli scettici
Gli operatori, poi, non la vedono e quindi sono portati ad essere scettici. È chiaro che il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni nell’ostentare ottimismo sulla ripartenza ha operato con una logica da pedagogia delle aspettative. Siamo a settembre, le aziende hanno riaperto, alimentare il loro spirito di iniziativa e la voglia di investire non fa male. Il ministro in questa piccola crociata si è trovata a fianco l’amministratore delegato di una delle due grandi banche italiane, Federico Ghizzoni di Unicredit, che sul tasto della ripresa ha battuto un giorno sì e un giorno no. Più cauti i messaggi che vengono da Intesa, il lessico è più ricercato. Si parla di «stabilizzazione», di «crescita piatta», insomma pare che siano meno convinti di Ghizzoni.
Ieri però al pacchetto di spinta si è aggiunta la Confindustria che presentando le sue previsioni ha messo in testa una citazione del principale poeta portoghese Luís Vaz de Camões («Qui dove la terra finisce e comincia il mare»). Nella metafora il mare dovrebbe essere per l’appunto la ripresa che farebbe attestare il Pil 2013 a quota -1,6% e quello dell’anno successivo a +0,7%. Prometeia era stata anche leggermente più ottimista (+0,8%), ma nel rapporto del Centro studi Confindustria c’è una postilla interessante: «L’accelerazione dei pagamenti degli arretrati della pubblica amministrazione verso le imprese è un fattore importante non conteggiato nelle nostre stime, perché essi sono tuttora troppo incerti nella distribuzione temporale». Nel caso migliore i pagamenti spingerebbero il Pil 2014 oltre l’asticella dell’1%. Finora sono stati rimborsati 7 miliardi, 20 miliardi sono già nella disponibilità degli enti locali e altri 20 dovrebbero esserlo nel 2014. È un consistente flusso di liquidità i cui effetti benefici sarebbero evidenti.
Il fronte dei cauti sostiene che al di là dei modelli econometrici gli indicatori di ripresa sono ancora pochi e flebili. La fiducia sale da 4 mesi, da due la produzione industriale, le retribuzioni reali crescono più dell’inflazione, buoni segnali arrivano anche dagli ordini domestici e l’indice anticipatorio dell’Ocse va nella stessa direzione, ma la somma di tutte queste «rondini» non fa ancora una vera ripresa. Anche perché bisogna capire come la Grande Crisi ha terremotato i meccanismi di trasmissione delle ripartenze. Il costo più alto del credito resta confermato, le banche non si approvvigionano sui mercati internazionali, c’è più regolamentazione (e quindi rigidità) e si è diffusa la cattiva pratica dei non pagamenti anche tra privato e privato. I tappi, purtroppo, non mancano.
E se dalle previsioni dei centri studi si passa alle sensazioni degli operatori la cautela è raddoppiata. Prendiamo la filiera dell’edilizia, sicuramente la più diffusa e osservatorio-chiave dei flussi di domanda interna. Le imprese non hanno smesso di soffrire, anzi. Per dirla con il poeta portoghese sono ancora dove la terra deve finire. Qualcosa si è mosso in termini di semplificazioni normative, rivoli di credito, anticipi sui lavori pubblici anche in questo caso però il passaggio dalle decisioni governative alla burocrazia e dai ministeri alla periferia è incredibilmente lento. Il commercio, invece, si conferma un settore fortemente elastico: secondo dati diffusi dalla Federdistribuzione (in polemica con la Confcommercio) confrontando il primo semestre 2013 con quello 2012 il numero degli esercizi risulterebbe addirittura in aumento. Cresce molto l’ambulantato ma non solo quello, anche i negozi.
Se queste sono le dinamiche reali restano da discutere le scelte del governo. Si parla di riduzione del cuneo ma prima Saccomanni dovrà trovare i soldi per chiudere le partite Imu e Iva. Solo dopo si potrà ragionare su come modulare la riduzione del cuneo e se per far ripartire i consumi interni non sia utile calibrare quanto conviene «scontare» alle imprese e quanto mettere direttamente nelle tasche dei lavoratori. Diversi economisti sottolineano, infine, come la precedente riduzione, richiesta dalla Confindustria targata Montezemolo e concessa dal governo Prodi con la finanziaria 2007, non avesse prodotto grandi risultati. Ma era un mondo pre-Lehman .
Dario Di Vico
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