Gli operai sfruttati e i mondiali in Qatar
Mercoledì è circolata moltissimo online un’inchiesta del giornalista del Guardian Pete Pattisson sulle pessime condizioni di moltissimi operai del Nepal assunti da alcune imprese edili del Qatar – le stesse che stanno costruendo edifici e stadi per i Mondiali di calcio del 2022. Un video mostra le immagini di alcuni edifici sporchi e fatiscenti che servono da dormitori per gli operai, oltre a interviste a lavoratori che raccontano la propria storia.
Secondo la ricostruzione del Guardian, molti di questi operai lavorano senza la certezza di essere pagati e in pessime condizioni: sono costretti a lavorare a temperature vicine ai 50 gradi senza avere libero accesso a fonti d’acqua, e molti raccontano di aver subìto punizioni corporali in caso di lamentele. Tra giugno e agosto nei cantieri del Qatar sono morti 44 operai, la maggior parte dei quali per arresto cardiaco o incidente sul lavoro.
Il Qatar è uno dei paesi più ricchi al mondo e quello con il più alto PIL pro capite: nel 2011 è stato di 98.948 dollari, di molto superiore al secondo stato in classifica, il Lussemburgo, nel quale è stato di 80.559. Ma il Qatar è anche un paese molto piccolo e poco popolato: è grosso poco più della Basilicata e ha circa 1,7 milioni di abitanti; più del 90 per cento della forza lavoro è composta da immigrati ed è stato stimato che sarà necessario assumere ancora un milione e mezzo di operai per completare in tempo la costruzione delle molte infrastrutture necessarie. A oggi sono stati spesi 20 miliardi di dollari per costruire nuove strade, 4 per un viadotto che colleghi lo stato al Bahrein e 24 per una rete ferroviaria ad alta velocità: secondo il Guardian entro il 2022 saranno necessari ulteriori investimenti per circa 100 miliardi di dollari.
L’inchiesta racconta che moltissimi lavoratori nei mesi scorsi sono stati assunti in Nepal, un paese dove il PIL pro capite è infinitamente più basso, vicino ai 1.249 dollari, costretti a trasferirsi in Qatar con la promessa di essere assunti regolarmente e con una buona paga. Il resto della storia ricalca quanto raccontato in una famosa inchiesta dell’Independent su Dubai, uscita nel 2009: i datori di lavoro hanno sequestrato i documenti dei lavoratori, quando questi sono arrivati in Qatar, rendendoli di fatto dei clandestini e costringendoli ad aspettare molti mesi prima di ricevere uno stipendio, spesso molto inferiore a quello pattuito prima dell’assunzione. Gli operai nepalesi raccontano inoltre che scappando peggiorerebbero la situazione, poiché cercare lavoro da clandestino è complicato e il rischio di trovarne uno peggiore è elevato. Moltissimi di loro hanno una famiglia molto numerosa da mantenere in Nepal oppure un debito con tassi altissimi verso il mediatore che gli ha procurato il lavoro: per questi motivi la maggior parte di loro sceglie di restare. Un operaio che lavora per una di queste imprese edili ha detto che la società ha deciso di trattenere due mesi dello stipendio di ogni operaio per impedire eventuali tentativi di fuga.
Molte di queste società hanno negato il proprio coinvolgimento nell’inchiesta, dichiarando di garantire ai propri lavoratori condizioni di lavoro nella norma. Il comitato organizzatore dei Mondiali ha dichiarato che «la salute, le sicurezza e la dignità di ogni lavoratore che contribuisce allo sviluppo dei Mondiali devono essere di massima importanza per il nostro comitato». Contattato da BBC, il presidente esecutivo del progetto “Qatar 2022? ha detto le stesse cose, aggiungendo che il comitato continuerà a lavorare a stretto contatto con associazioni Human Rights Watch e Amnesty International per assicurare condizioni di lavoro accettabili ai moltissimi operai impiegati nel progetto.
Related Articles
La Cgil lacerata sui «sei punti»
All’incontro di giovedì con il governo imprese e sindacati si sono presentati con una proposta comune per superare la crisi Malcontento tra le categorie e nella stessa maggioranza per il testo presentato al governo insieme alla C
Fronti opposti sulle privatizzazioni, la tassa patrimoniale, il pubblico impiego. «Tornare al Direttivo»
Multinazionali: penitenti ed impenitenti
Foto: Ecologiae.com
Tutto in un giorno. Mentre mercoledì 13 giugno la Raizen, una joint venture costituita nel 2010 tra Shell e Cosan, il colosso brasiliano dell’etanolo, decideva di non comprare più la canna da zucchero proveniente dalle terre indigene rubate al popolo Guaranì in Brasile, oltre 100 attivisti, una parte dei quali arrivati dalle aree inquinate, manifestavano fuori e dentro i cancelli della sede centrale della Chevron nell’esclusiva San Ramon in California in occasione dell’assemblea degli azionisti.
Occupazione e nuovo welfare Se il posto non è fisso allora il salario va alzato
I benefici del posto fisso (per chi lo ha) sono ovvi. La domanda rilevante è: quanto costa la garanzia del posto fisso al singolo e alla collettività ?