by Sergio Segio | 29 Settembre 2013 7:17
ROMA — Il Pd viene colto dai venti di crisi quando ha appena firmato un armistizio sulle regole e si appresta a cominciare il suo cammino congressuale, per la scelta del segretario. Circostanze che inevitabilmente si intrecciano, magari in modo sotterraneo, con le posizioni politiche sugli scenari futuri. Quello che è certo, per il segretario Guglielmo Epifani, pur nella consapevolezza delle difficoltà, è che non si possa andare alle urne subito, in queste condizioni: «Sarebbe meglio non tornare al voto con questa legge elettorale che crea solo problemi. Il Pd vuole cambiarla ma non sarà facile, perché bisogna trovare una maggioranza in Senato. Ma penso che cambiarla sia un passaggio obbligato prima di tornare a votare».
Pur con sensibilità diverse, il giudizio sull’accelerazione di Berlusconi è unanime. Per Epifani «una tale irresponsabilità istituzionale non è mai avvenuta». Le dimissioni aprono «una crisi al buio mai vista dal dopoguerra a oggi» e portano il Paese a una «instabilità desolante». Ma Epifani parla anche al suo partito: «Vincere alle prossime elezioni non sarà una passeggiata. Dobbiamo prepararci bene, mettendo da parte i particolarismi e concentrandoci sull’interesse generale. Perché o vinciamo o il Paese ne pagherà le conseguenze». Appello non casuale, visto che le correnti del Pd hanno firmato una tregua che l’improvvisa accelerazione mette a rischio. Non è un mistero che i renziani non siano entusiasti di una crisi ora. Perché rischia di far saltare il Congresso, già fissato per l’8 dicembre, congelando l’attuale segretario e rimettendo in gioco come possibile candidato Enrico Letta. Renzi si troverebbe a dover correre per le primarie, presumibilmente di coalizione, senza avere un partito alle spalle.
Che il rischio sia reale lo fa capire la dichiarazione di Enrico Rossi, presidente della Toscana: «Se la data delle elezioni sarà ravvicinata, vale la pena riflettere sulla possibilità di rinviare il congresso del Pd». Non è un caso che siano state molte le voci dei renziani, nei giorni scorsi, a levarsi per ribadire l’irricevibilità di ogni ipotesi di slittamento. Come conferma Ernesto Carbone: «Sarebbe folle legare congresso e voto». E non è neanche un caso che ieri sia arrivato l’attacco di Gianni Cuperlo, sfidante di Renzi: «Dobbiamo essere un partito, non un comitato elettorale permanente che parla solo di primarie. E neanche un partito che utilizza la segreteria come trampolino di lancio per fare altro».
Ma è anche sugli scenari del post Letta che il Pd rischia di dividersi. Il «senso di responsabilità», da sempre rivendicato dai dirigenti, porterebbe a dover varare la legge di stabilità e una nuova legge elettorale, prima di ricorrere alle urne. Ma come fare? Qualcuno pensa a un Letta bis o simili. Ma Paolo Gentiloni avverte: «Nessuno pensi a maggioranze scilipotiche. Non vogliamo maggioranze raccogliticce, magari con i transfughi del Pdl o dei 5 stelle».
Alessandro Trocino
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