by Sergio Segio | 27 Settembre 2013 6:59
ROMA — Quando lo scorso 19 dicembre la Commissione europea ha chiuso dopo due anni l’indagine relativa agli aiuti di Stato accordati dall’Italia alla Chiesa, esentandola dal pagamento dell’Ici sugli immobili non di culto, in una scuola elementare Montessori della capitale e in un piccolo Bed&Breakfast di provincia, a pochi chilometri da Roma, hanno sussultato. Le autorità di Bruxelles ammettevano certo gli aiuti di Stato, incompatibili con le norme europee. Ma stabilivano anche che tornare in possesso dell’Ici dovuta ma non pagata, tra il 2006 e il 2011, era «assolutamente impossibile ». Perché così aveva raccontato loro il governo, presieduto da Monti. «Alla luce delle circostanze eccezionali invocate dall’Italia, non deve essere disposto il recupero dell’aiuto, avendo l’Italia dimostrato l’impossibilità assoluta di darvi esecuzione», spiegava Bruxelles. Un unicum nella giurisprudenza comunitaria. Sbalorditi da siffatta motivazione e guidati da due avvocati esperti, alla fine quella scuola elementare e l’affittacamere hanno deciso di ricorrere alla Corte di Giustizia europea e chiedere così l’annullamento di quanto disposto dalla Commissione. Proprio perché la presunta “impossibilità assoluta” di riavere le somme di fatto «non è stata mai provata». Chi l’ha detto e dov’è scritto che non si può calcolare e recuperare l’Ici pregressa, si chiedono in pratica i due?
La questione non è di poco conto. Stime Anci valutavano gli introiti Ici su quegli immobi-li, riferibili ad enti non profit e per lo più alla Chiesa, pari a 600-800 milioni l’anno. Moltiplicati per sei annualità, fanno una cifra astronomica, attorno ai 4 miliardi. Una manna dal cielo, se confrontata con la caccia affannosa alle risorse di queste ore per evitare il rincaro Iva (serve un miliardo). O per cancellare la rata di Natale dell’Imu (2,3 miliardi). O ancora quanto basta (circa 1,6 miliardi) per riportare nei ranghi il rapporto tra deficit e Pil (leggermente tracimato al 3,1%), non ripiombare nella procedura di infrazione europea e sbloccare altri soldi (12 miliardi) da usare l’anno prossimo per fare investimenti e occupazione. In effetti, il doppio ricorso depositato dalla Montessori e dal B&B il 16 aprile scorso, esaminato in questi giorni dalla Corte Ue, potrebbe anche riaprire l’indagine sull’Italia. E forzare così il governo (questo o il prossimo) a fare finalmente i calcoli.
Impossibile? Forse. E non solo perché immaginare di richiedere indietro 4 miliardi al Vaticano è pura fantascienza. Ma anche perché un censimento di quegli immobili in realtà non esiste, per negligenza o furbizia, chissà. Non solo. Il governo Monti che di fatto ha messo in campo l’Imu e ne ha definito i nuovi contorni anche per questi enti non profit — proprio per avere il via libera di Bruxelles, intascato appunto il 19 dicembre scorso — non ne ha mai ultimato le procedure attuative. In un anno e mezzo, né Monti né in seguito Letta sono riusciti ad ottenere dal ministero dell’Economia quel regolamento così indispensabile per calcolare concretamente le porzioni commerciali da quelle non commerciali dei singoli immobili. In Via Venti Settembre assicurano che arriverà entro dicembre. Intanto, nel 2012 e nel 2013, vista la confusione e le circolari criptiche, nessuno ha pagato l’Imu. O meglio: ha pagato chi già versava l’Ici a suo tempo. Gli altri sono in attesa della burocrazia, pigra o pilotata, che arriva sempre dopo, a volte tardi. Con grandi pasticci per il Paese, come il recente caso Telecom insegna, neppure in grado di difendere la propria rete telefonica perché nessun decreto attuativo l’ha ancora
definita strategica.
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